sabato 11 febbraio 2012

Come la neve al Prenestino







Sei bella come la neve al Prenestino.
Un manto di purezza bianca che va coprendo il profilo altrimenti grigio e nero dei palazzi e del labirinto chiamato tangenziale, dove ogni uomo cessa di avere una dignità e diventa una transazione economica virata al degrado tra siringhe, fazzoletti insanguinati ed ossa macinate dallo scorrere cristallizzato del tempo, un fluido interscambio di taxi, autobus per deportati e perdenti, e i lavori per stazioni della metro che non saranno mai inaugurate.
Anche tu come quella neve cadi dal cielo, in concentrici cerchi stellari, con l’orizzonte tremolante di acqua piovana e le nuvole nerastre battute da un vento gelido, un vento malinconico, che sa di spezie e di povertà e che si incanala ululando tra gli androni cementificati di questi alveari di edilizia popolare, chiese casematte con le mitragliatrici e i cavalli di frisia i vigilantes e i controlli serali, ed i lampeggianti della polizia che irrorano di secrezioni ectoplasmatiche decisamente blu i marciapiedi su cui camminano in silenziosa processione casalinghe cinesi, nessuna scuola, le poche piazze giardino coltivate a cactus e peyote ed eroina, un pantheon di divinità hip hop tatuaggi scadenti e corsi professionali da carcere minorile, perché tutti sono innocenti, dicono le menti eccelse.
L’avvocato mandò in esecuzione il precetto facendo pignorare la macchina del padre del tuo migliore amico, perché non era stato pagato in termini da lui reputati soddisfacenti, l’avvocato era ed è un uomo algido, austero e unticcio, in giacca e cravatta e mocassini da stupratore, un uomo che non ha mai stretto una mano con la sola e pura intenzione di porgere un saluto, è sempre stato distante e compassato, con quegli occhi mobili insondabili da squalo, lo studio arroccato in un feudo bene dove le case hanno minimo due bagni e tre balconi o giardini curati da filippini ben poco sediziosi, uno studio lucente e spazioso con una esposizione su una villa pubblica adibita a parco, con le coppiette a cinguettarsi amore più o meno eterno – quello studio, feudo nascosto agli occhi, dove per andare bisognava prendere due bus e qualche fermata di metro, sentendosi man mano che il viaggio proseguiva stranieri in terra straniera, i vestiti inadeguati, il trucco pesante, la camminata vistosa e territoriale, un contegno lombrosianamente destinato ad essere rifiutato.
Brave casalinghe condannano, puntano il dito, mormorano commenti scandalizzati.
Contro di loro.
Come prima lo avevano fatto con te.
Le casalinghe timorate di dio che si masturbano sul cadavere di Sarah Scazzi, mentre Barbara D’Urso trasfigurata in un cono di luce da epifania caldea troneggia e secerne commenti di una bontà zuccherosa e da carie al cervello, c’è puzza di morte, di dolore, di sofferenza, lo strazio di una madre esibito nella stanza dei trofei tra un pompino da grande fratello e una discesa sulla fascia di un mediano omosessuale, le casalinghe vengono e sbrodolano liquidi dalla vagina pastrugnandosi ferocemente mentre la madre di Elisa Claps cade in tranche dopo aver troppo pianto, vengono in sincrono quando lei sviene, ed è un tripudio costellato di club privè e ville architettonicamente conformi ai precetti americani e feste private e rituali borghesi comodamente organizzati nel tepore della sera dopo una giornata spesa a rinfocolare il placido status quo.
Casalinghe occhieggiano silenziose, o ciarliere, con i cagnolini puffolosi al guinzaglio lungo, cadono stronzi di minicane che i filippini si umiliano a raccogliere, mentre le padrone proseguono nella loro infaticabile opera di moral e social bashing, chissà da dove vengono questi orrori, sputato, ecco quel che pensano, lo vedi, lo capisci, non ci vuole una laurea in antropologia per fiutare il disgusto e l’eccitante senso del nuovo dell’esotico del pericoloso che balena in quegli occhi languidi e su quei nasi rifatti, orrori lovecraftiani che sciamano neri e cattivi dalla periferia dimenticata, da quelle cronache cariche di amore e compassione dei missionari, santo cielo pensano ma allora esistono davvero.
Ogni mese di lavano la coscienza portando magliette sporche alla Caritas.
Ed ora, in questo preciso momento, vedono sconvolto l’equilibrio etologico della loro zona.
Non sanno  nulla, e proprio per questo si sentono in dovere di giudicare.
Non sanno quanto sei bella, profonda, ricca di sfumature, ma devono giudicare per evitare che qualcuno lo faccia con loro, hanno il terrore di restare sole ma ti accollano ogni frustrazione mondiale, il loro dito è un ultimatum, una condanna inappellabile, si fanno idee risibili e sociodeterministicamente orientate di anomia pur senza aver mai  letto una riga di Durkheim o Talcott-Parsons, crudo e cotto, freddo e crudele, il cielo sopra i Parioli minaccia pioggia, mentre l’avvocato riceve i suoi clienti e blandisce e utilizza un contegno da amico, l’idea commerciale che può avere dell’amico, mentre fuori le casalinghe mantenute e puttanesche continuano a macinare le tue ossa.
Hanno deciso di farti il vuoto attorno, di espungerti dal consesso sociale, forse per i tatuaggi, forse per le derive blues notturne tra neon e giardini trascolorati nel nero assoluto e per quelle direttrici psicogeografiche attraverso tutta roma che ti hanno resa così potente, pensano di potersi crogiolare in una tua presunta debolezza, ma non vedono la tua enorme forza, perché altrimenti dovrebbero ammettere a loro stesse la paura, il terrore sacro di rimanere ferme davanti alla solitudine del cosmo. Hai le spalle forti per non curarti di queste puttane, casalinghe frustrate ed emotivamente costipate, non hanno mai guardato se non per interposta persona, nella fattispecie la fica di Barbara d’Urso, il dolore, quello vero, si sono crogiolate in villaggi turistici e serate gotiche e taglietti indolori sulle braccia, dicendosi maledette e solitarie e destinate ad una sofferenza putrescente, salvo poi fuggire ogni singolo sottoscala, ogni locale fumoso e invaso di corpi sudati dove la droga diventa la bandiera dei pirati a caccia di innocenti da sacrificare, gringos e bande sudamericane e contest hip hop e graffiti vergati a testa in giù sui ponti ferroviari, la perdita, il senso di quella perdita, non sanno cosa sia, vivono giocando alla tristezza alla mestizia alla malinconia, quella malinconia urbana da ponte.
L’avvocato chiede i suoi soldi, assicura che è tutto a posto, ma non è tutto a posto, per quante lauree possa aver conseguito non può ingannare il senso di sopravvivenza e di autoconservazione di queste madri giunte da lontano, i loro figli rinchiusi ed istituzionalizzati tra domandine e mute richieste di pietà.
L’avvocato non ascolta davvero. Le orecchie deve averle sviluppate per mero senso di appartenenza al genere umano.
Né l’avvocato, né le casalinghe, né i feroci paladini della purezza underground potranno mai capire, farti la tabula rasa attorno è solo mascherare la loro debolezza, tu scendi sinuosa e bella e forte e determinata e parli, mi parli, di ciò che sei, di ciò che sei sempre stata e che sei diventata, io ascolto, a volte sorrido a volte rimango in silenzio, in trepidante muta adorazione, non sono perplesso, sono semplicemente senza parole, perché non so cosa dire, qualunque cosa io possa dire diventerebbe un sofisma inutile, un bizantinismo inadatto ed inadeguato, ti ascolto e mi rendo conto di essere vivo, nonostante attorno a noi scorrano fiumi di ipocrisia, di sofferenza, di solitudine, di pianori alcalini e fabbriche dismesse, il vapore appanna i finestrini e ti guardo negli occhi, quegli occhi così neri, così grandi, così ricettivi, quegli occhi che hanno conosciuto la tempesta e i parchi e la notte, il ventre cupo della notte, quegli occhi che mi infondono gioia e serenità, sei bella, rendi queste strade migliori nonostante a saperlo siamo solo io e te, anzi forse proprio per quello.






1 commento:

  1. Ciao Andrea, permettimi di farti un paio di domande OT: in un' intervista del 2010 (blog "Contempo) parlavi di una eventuale pubblicazione di "Halogen" in forma cartacea, sorvolando i problemi che hai avuto hai altre informazione in merito?
    "Frammenti del Caos" si tratta di una sorta di prosecuzione?

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