domenica 18 dicembre 2011

Oscuro e Convincente; una intervista con PETER SOTOS





Frammenti di un dialogo, lungo, vorace, inesausto e per alcuni anni ininterrotto intercorso tra me e  quello che è a tutti gli effetti lo scrittore contemporaneo più lucido ed efficace, Peter Sotos appunto - interviste e scambi di email e di materiali tra il 2003 e il 2005.



Hai dichiarato molte volte che la tua opera è un modo per parlare della realtà (basterebbe pensare alla fine di INDEX, nella quale si fa più volte riferimento all’appropriazione della realtà) e un tentativo di poter aprire una porta di accesso alla realtà medesima. Vorrei sapere quale è il tuo concetto di realtà e per quale motivo reputi così importante scrivere di questo particolare soggetto.

Per essere precisi, io descrivo la realtà degli altri, delle persone che conosco o di cui ho incrociato la strada o anche di quelle la cui personalità emerge dai mass media e dalla cronaca, nel tentativo di comprendere quale è la reale differenza tra ciò che è stato scritto e detto su di loro e ciò che invece io vedo, percepisco, sento. Le mie peculiari reazioni. Ciò che cerco. Vorrei, e non puoi capire quanto, che le mie parole riflettessero nella maniera più piena e completa ed adeguata la situazione come viene descritta nel suo evolversi quotidiano, sfrondata di commenti moralistici. Una volta che ho posto in essere questo procedimento, mi limito a vedere se essa collima con la piccola, ristretta realtà che ho deciso di vivere, accettare, desiderare.

A partire dalla tua affiliazione con la Creation, i libri hanno intensificato la loro struttura di cut up, mescolando tra loro letteratura true crime, pornografia, tuoi commenti sulla cultura underground, sulla musica, clips di giornali, il tuo stile di vita e il concetto che hai del mondo e della società in cui viviamo. Ho davvero l’impressione che i tuoi libri siano, da questo punto di vista, i degni eredi spirituali ed intellettuali di quelli di Sade, proprio per lo sforzo di descrivere la natura umana . E’ possibile asserire che stupro e pornografia e violenza rappresentano osservatori privilegiati ?

 Stupro ? Certamente no. La violenza è un concetto di enorme portata e deve essere ricondotta a quelle che sono le sue fisiologiche estrinsecazioni e i suoi aspetti quotidiani. Parlando in assoluto, per concetti teorici, si rischia sempre di erigere una filosofia che da questo punto di vista sarebbe davvero fallace. E lo stupro è uno di questi aspetti. E’ impossibile affermare che tutti noi condividiamo la stessa realtà o natura, questo genere di concezioni derivano dal ridicolo e abietto concetto di anima. E per quel che concerne la pornografia ho l’impressione che alcuni film realizzati in passato abbiano contenuto un approccio molto più radicale e veritiero alla realtà di quanto non lasciassero intendere i soliti, stupidi slogan pubblicitari. Mi piace quando ciò succede e puoi scommetterci che mi do veramente da fare per trovare esempi lampanti di genio come questi...

Il cineasta underground Mark Hejnar ha girato un film con lo stesso titolo e in cui tu fornisci perversi commenti su immagini di bambini morti ammazzati o afflitti da gravi handicap psichici. Sfortunatamente non ho avuto modo di vederlo. Potresti fornirmene una breve descrizione e dirmi che ne pensi in generale del lavoro di Hejnar ? Ti piacciono i suoi altri film ?

Il film va interamente visto come un prodotto di Mark. Effettivamente non ha nulla di mio se non quei commenti che citavi. Si tratta di punti vista che ho potuto esprimere mentre ero davvero sbronzo, guardando quelle immagini che scorrevano in video e così Mark ha deciso di aggiungerli al film vero e proprio. Per il resto, tanto per la parte audio che per quella video, si tratta di scelte interamente devolute al gusto e alla perizia di Mark. Non lo considero una parte della mia personale storia, o delle mie opere. E nessun altro dovrebbe credere che invece lo sia. Non ce ne sarebbe davvero il motivo, dammi retta. Per quanto riguarda l’opera di Mark, lui ha interessi e punti di vista che risultano palesemente diversi dai miei, ma nonostante ciò sono un grande fan dei suoi passati lavori. Ha lavorato con freak e falliti e pagliacci di ogni risma eppure ha sempre dato un tocco davvero sincero e personale al suo film-making.

Ma è vero che esiste un film o una piece teatrale ispirata a Index ?

Non erri, non erri. C’è una realizzazione teatrale francese basata sul testo di Index e portata avanti da Lucille Calmel e dalla Compagnia teatrale Myrtilles. Non l’ho mai vista. Però ho avuto occasione di parlare con Miss Calmel per telefono, di sera, mentre mi trovavo in una stanza di albergo a Parigi e devo confessarti di essermi divertito parecchio. Pensa che fino a quel momento non mi ero ancora accorto che gran parte dei preservativi in Francia fossero di colore rosa...

Ho sentito dire che hai redatto l’introduzione per Pure Filth, il libro di Jamie Gillis.

Il libro rispecchia interamente la visione di Jamie. Mi sono semplicemente limitato a fornire dei commenti su alcuni suoi particolari film, che se poi vai a vedere bene costituiscono una porzione infinitesimale della sua carriera di regista e di produttore. Quell’introduzione è stata scritta mentre componevo la postfazione per il libro di Ian Brady , e magari puoi anche vedere una qualche interrelazione tra i due testi. Jamie Gillis è una delle persone più interessanti e carismatiche che io abbia mai avuto la fortuna di conoscere personalmente. La sua intelligenza si riflette molto spesso nei suoi film, specialmente nelle idee sottese a On the Prowl.

E’ interessante notare come tutti gli autori che la morale e i critici classificano come pervertiti godano di una onestà intellettuale molto maggiore di quella che scrittori politicamente corretti potrebbero sognarsi. Mi riferisco ai vari Bruce Benderson, Boyd McDonald, e lo stesso Dennis Cooper. Credi che l’eventualità di essere catalogati come pervertiti dia la possibilità di dire sempre e comunque la terribile, brutale verità ?

In un certo senso è possibile, anche se si è relegati in un limbo di non distribuzione e questa verità di cui parli nella domanda , presunta o reale che sia, la comunichi a pochissime persone. Ad ogni modo non mi lamento. Non me ne frega niente di vendere moltissime copie ad una audience distratta e con gusti mainstream. Non mi curo delle pubblicità o della visibilità del prodotto.

Gran parte dei tuoi ultimi scritti, saggistici e narrativi, sembrano essere focalizzati sulla figura di Thomas Watt Hamilton, l’insegnante pedofilo scozzese che ha ucciso a colpi d’arma da fuoco 17 tra ragazzini e insegnanti in una scuola di Dunblane per poi ammazzarsi . C’è l’articolo nel libro Straight to Hell (interamente dedicato ai suicidi celebri, da Hitler a Mishima, passando per Marilyn Monroe e Kurt Cobain) e un intero, nuovo romanzo, Predicate, che dovrebbe uscire per i tipi della Creation Books. Che cosa ti affascina di Hamilton ? Puoi fornirmi qualche anticipazione su Predicate ?

In termini schiettamente pragmatici, non si può non pensare quanto schifosa fosse la vita di Hamilton. Quella disperazione tipica di un depravato di provincia cui l’accesso a capriccetti e perversioni era negato in radice dalla situazione. In un certo senso, Hamilton ha vissuto una vita da cui ha ottenuto perfino meno di quanto un comune depravato urbano possa ottenere o sperare di ottenere. Predicate ha molto a che fare anche con David Westerfield. L’articolo in Straight to Hell è una sorta di abbozzo per la stesura di quello che effettivamente sarà Predicate, e devo ringraziare l’inestimabile supporto di Jack Hunter da questo punto di vista, soprattutto per la cura dell’editing che come sai non ha mai avuto una grande valenza nelle mie opere. Direi che questo è l’unico caso in cui l’editing ha aggiunto valore a ciò che scrivo. Se dovessi provare ad azzardare il motivo di questo successo, direi che probabilmente dipende dal tentativo di Jack di inchiodare la mia attenzione su di un tema in particolare. Il libro, anche per le intuibili maggiori possibilità offerte dallo spazio, analizza al solito modo Hamilton e lo rende pretesto per divagazioni meta-sessuali e per le solite scene di pompini e sessualità deviata.

Già che siamo in tema, che mi dici di Westley Allan Dodd, il maniaco pedofilo i cui crimini fanno apparire Dutroux un innocuo timidone ? Negli ultimi tuoi libri ho trovato un incremento sensibile della sua presenza e di estratti dal suo incredibile diario, che è stato integralmente pubblicato all’interno di Driven to Kill, il libro di Gary King e all’interno di When the Monster Comes Out the Closet, di John Rose.

Volendo tracciare un ideale parallelismo tra Dodd e Hamilton direi che la caratteristica saliente, e in certo senso comune, è stato il tentativo di razionalizzare i loro gusti, i loro piaceri, e di andarsene poi in strada a caccia, ognuno con i suoi modi, le sue tattiche e tecniche e idiosincrasie. Dodd, però, essendo stato catturato e incarcerato, a differenza di Hamilton che si è fracassato il cranio dopo la strage in palestra, è diventato una figura tragica, con tutti i suoi pentimenti e scritture oscene ma francamente divertenti e dolore interiore. Hamilton ha passato il suo inferno personale in casa, dove, come penso saprai, girava nudo, circondato dalle foto dei bambini, foto che egli stesso, in qualità di capo scout, aveva scattato e avidamente collezionato, fino al giorno del suo cortocircuito emotivo. In comune hanno avuto il background di frustrazione, solitudine, deprivazione, manie sessuali ossessive. Credo che Dodd abbia tratti maggiormente similari a quelli di serial killer e molestatori di bambini, i vari Gacy, Eyler, Corll. Hamilton invece era più che altro un masturbatore solitario, e le modalità tecniche del massacro che ha posto in essere confermano il caos inarticolato che aveva dentro.

Chiudiamo rimanendo, in certo senso, nel campo delle influenze. Nei tuoi testi hai sempre scritto pareri e opinioni e gusti anche in fatto di espressione artistica. Ricordo quanto hai scritto su Hermann Nitsch, Trevor Brown, Sally Mann, Nobuyoshi Araki, Jock Sturgis. Così mi chiedo e ti chiedo quale sia il tuo approccio nei confronti dell’arte e quali i tuoi artisti preferiti .

Al momento, il fotografo francese Antoine D’Agata. Comfort & Critique, il libro che sarà pubblicato a Maggio dalla Void Books, finisce con un forte apprezzamento per Theodore Frank. Davvero, non riesco a farmi venire in mente un artista che riesca a stare al passo di Frank per quanto riguarda potenza espressiva e impatto, lui è in grado di colpirti emozionalmente. Più in generale cerco autori che abbiano una loro voce specifica, il che non significa che debbano per forza essere originali, mi basta che abbiano un certo senso estetico individuale, da non condividere con movimenti o associazioni. La creatività, quando si nutre di urgenze emozionali istintive e sincere, diventa un nuovo linguaggio. E l’Arte non può che essere così.

La siringa nel braccio






La siringa nel braccio è un apostrofo rosa tra le parole porco dio, una sinuosa serpentiforme e surrettizia inalazione di colla e merda che dall'asfalto vagamente bagnato si solleva sin dentro le narici ripiene di croste e cocaina, la ristrutturazione va avanti e persino quel gessetto bianco tracciato in terra a riempire la sagoma di un cadavere sembra una promessa colombiana, qui è Portorico favela e Tailandia tutto assieme mercatini ucraini ragazzini rom e giostrai italiani celebrano funerali di porfido e Gomorra con le madonne agghindate d'oro pesante e i vecchi dai volti avvizziti raccontano storie di amore universale e usura e cappio al collo dei commercianti locali, uno squarcio metatemporale filosofico fuor di ogni metafora puntuta e le puttane all'incrocio che controllano i lampeggianti in avvicinamento, un regolamento di conti con scimitarre calibro 22 e una granata, l'esplosione è roca e ovattata niente a che vedere con I Cannoni di Navarone, lo ritrovano così dietro un cassonetto, vicino alla sagoma in gesso dipinta dai RIS, il corpo emaciato i buchi viola sulle braccia, Amore Tossico rimane fuori mentre il killer entra nel bar in ristrutturazione abusiva e finisce il lavoro scaricando il caricatore proiettili vaganti e fuori il tossico guarda il cielo nero della prima notte sorride all'eroina e al trionfo delle spade, che non è un romanzo di G. Martin ma una sinistra ipostatizzazione di scenari pasolinani, il tossico muore come è vissuto, tossico appunto, drammaticamente solo, e rincoglionito, qui le strade sono feritoie marcite, la puzza di merda è tangibile ed insopportabile, palazzoni troppo vicini, una Casbah ripiena di cattive intenzioni, lo trova un Carabiniere finito per caso dietro il cassonetto AMA a raccattare bossoli, una scoperta sorprendente, al grido c'è anche questo, e quando capiscono che è morto per troppa droga borbottano oh cazzo niente di importante chiamate la Mortuaria che porti via sto pezzo di merda andate a fare il riconoscimento della salma dopo che gli avrete frugato nelle tasche o controllato le impronte digitali, è un via vai formichesco di divise e lampeggianti, le puttane si sono ormai disintegrate, i curiosi guardano dalle finestre e dai crocicchi, i vecchi smettono persino di giocare a carte e di bere birra, luccicano le torri e le stelle sulle mostrine dell'Arma, colloqui in tempo reale col sostituto procuratore e sta volta viene, viene davvero perchè la mattanza richiede persino chiudere a chiave l'Ufficio di Piazzale Clodio, la giustizia penale è obbligatoria come la fame nel Biafra.
Non so, bofonchia il tenente colonnello con aria perplessa mentre un altrettanto perplesso ispettore capo della PS lo scavalca e rivolge una penetrante occhiata al cadavere steso in terra ben crivellato di piombo e frollato quel tanto che basta , c'è qualcosa che non mi convince, la criminalità locale non segue la gente non scende dai motorini e dalle macchine, non ha quel grado di spietata efficacia, l'ispettore continua a fissare i rivoli di sangue che compongono una delicata pozza purpurea, un oceano rosso tra carta straccia e merda di cane, non è un bel modo per morire mentre alle spalle i RIS vestono le coreografiche tute bianche e impugnano le valigette metalliche colme di giochi di prestigio tecnologico- si spara un pò troppo, mi tenga a bada quel giornalista mentre un flash impazzito come un monsone filippino agguanta i residui di vista della prima fila in divisa, o santo dio ma chi cazzo li ha chiamati, stanno già qua, quel pezzo di merda, digli che non può fotografare, dietro il nastro, cristo dietro il nastro, che è una barriera bianco/rossa di plastica abbarbicata tra pali della luce e cassonetti, il coordinamento langue perchè non si è ancora capito chi debba fare passerella mondana e chi indagare sul serio, che dice il magistrato ?, sta arrivando, è in coda sulla Via del Mare, allora non è che sta proprio arrivando, ci vuole un pò, e noi intanto?, isoliamo la zona e cominciamo a repertare, la Banda della Magliana non è tanto divertente quando devi compilare una mezza tonnellate di fogli e di verbali, oh ma quello quello che cazzo sta facendo ? e due carabinieri si avventano su una specie di rumeno che poi si scopre essere davvero un rumeno, che cazzo fai ? devo prendere sigarette bofonchia il minchione straniero, le sigarette ma io ti sputo in faccia porco dio, eh su si contenga che c'è gente, non mi bestemmi così, eh ma le sigarette, e gli danno due calci, letteralmente, e lo sparano fuori dalla scena del crimine, la puzza è inquietante, è già notte, i lampeggianti irrorano di elettricità blu la facciata dei palazzi ATER, aspettiamo sto magistrato benedetto, intanto fate due foto, due di numero, e fatemi sapere l'altro dove e come sta, l'altro sta nel bar, quattro buchi ancora fumanti, carne marcita a contatto col piombo caldo, un lavoretto coi fiocchi, gente che sa il fatto suo, ridefinizione delle dinamiche e della geografia criminale del posto, il girone della merda Salò di Pasolini quell'odore sputato, sparano per ammazzare, già già il sovrintendente porge una sigaretta all'ispettore capo, ma possibile che il vicequestore ancora non sia arrivato e che cazzo sempre ste figure di merda qui ai carramba gli ci manca solo un generale e poi c'hanno tutti e qui cazzo sono io il più alto in grado, eh sta arrivando pure lui, stanno arrivando tutti, il magistrato il vicequestore e pure mio nonno.
Ci vuol pazienza.
Già.
Intanto pensiamo a quel tossico di merda.
Ma non lo lasciamo ai carabinieri ?
Qualcosa facciamolo pure noi.
Mi sembra giusto.
Anche se i tossici sono poca roba. Almeno però togliamolo dalla strada, che mi fa schifo.
Giusto.

lunedì 12 dicembre 2011

NEGATIVE







Mi invitano per una prolusione, una lunga dissertazione del genere "pompini & AIDS" nel cuore vegetale dell'Esquilino, tra le strade ingombre di cineseria ed immigrazione laida proprio un bel club ferita putrida con portone in acciaio e dentro scene da baccanali alla Tinto Brass ma con propensione alla C. Rage e fist-fucking senza Friedkin e senza Pacino, sul marciapiede niente decoro AMA sacchi neri di plastica colmi di spazzatura multirazziale sapori ed afrori di un mondo intubato nelle sue miserie cosmopolite nigeriane attendono il tram che le condurrà sulla Prenestina Porta Maggiore è uno slargo spettrale diminuito nella sua consistenza da manifesti sound system rivendicazioni omosessuali e proletariato bianco coi tatuaggi della RASH e simile minchioneria universale, spacciatori di pornografia minorile giocano alle tre carte bevendo vino caldo e commentando avidamente i giovani turisti imberbi che transitano per gli androni della Stazione Termini e vie attigue e limitrofe e giardini incolti pieni di barboni tende e rom che fanno capannelli e si divertono ad oltraggiare i passanti e a cacare sui monumenti per vedere l'effetto che fa, Alemanno è intento ad issare stelle di david in Campidoglio e l'Esquilino è diventato TAZ psicogeografica da far invidia a Neuromante, con il traffico impazzito ed i carrellini cinesi e i veicoli senza targa e senza assicurazione e le puttane antiche coi loculi a dieci euro l'ora e le stanze invase dalle pulci e le stamperie clandestine e i phone-center che naturalmente riciclano denaro sporco, mi invitano dopo aver letto il mio articolo sul documentario californiano THE GIFT, variegata discesa infernale nel mondo degli spompinatori sessualmente infetti desiderosi di lasciarsi addosso la stimmata del virus, usato come confusa forma di declamazione pubblica e come rivendicazione identitaria, la povera Louise Hogart lo ha diretto con buone intenzioni e tanto amore ma sfortunatamente questi materiali finiscono sempre nelle mani sbagliate, i.e. Peter Sotos o molto più modestamente il sottoscritto che con il Taint di Trolling for Infection nelle orecchie legge la mail sbilenca giuntagli da un gruppo organizzato di spompinatori romani con annessa rivista bianco/nero ciclostilata poche rivendicazioni e molto sperma sulle barbe e sulla pancia, prominente e malata, mi dicono se hai voglia, se ti va, potresti venirne a parlare da noi, stiamo brigando per rimediarne una copia, uniremmo le due cose, io ho voglia di parlarne perchè fino a quel momento ne avevo parlato a persone indifferenti o ingiustamente scandalizzate e me ne era giunta poca pochissima soddisfazione così mi conforto da solo e mi dico che è una buona idea, posso pur sempre rimediarmi qualche drink gratis e assistere ad accoppiamenti multipli di degenerati barbuti con il loro cuoio e le divise da motociclisti molto Village People prima maniera, l'ipotesi di una omosessualità che non se la fa sotto, se non in senso strettamente erotico-fisiologico e ancora C. Rage viene alla mente, di una omosessualità che non supplica non piange non frigna, di una omosessualità che non trasforma pompini pubblici in baci innocenti, che non patrocina immonde fiaccolate e carrozzoni di rivendicazione meramente politica.
Quindi è ok. Si va.
Prendo accordi, senza modi formali. Non sono formale, soprattutto quando bevo e quando odio. La prima condizione è eventuale, la seconda necessaria.
Il club sorge in un costone di pietra grezza e di portoni oscuri, in una feritoia di architettura novecentesca, sovrastato da un fenomenale odore di spezie indiane e spazzatura che va fermentando, è sporco, scuro, e buio, ha un soffitto basso invaso di inopportuni palloncini colorati, alle pareti foto di Mapplethrope, di Witkin, di Saudek, e del misconosciuto fotografo americano Jimmy DeSana precursore no-wave amico di William Burroughs ed ispiratore di Kern e di Zedd prima che entrambi divenissero carne parodica, odore di fumo odore di droghe erbacee odore di alcolici franati su un pavimento carico di polvere e di fazzoletti usati, si aprono porte e feritoie sulle mura anfratti dark room per carnografie nascoste e pornograficamente laocoontiche, c'è un bar maestoso impilato di scenografie di vetro e liquore, mi accolgono dei pancioni bislacchi con gli occhialini e l'aria professorale da chi lo prende in culo dopo aver pontificato di logaritmi e geometria euclidea, un paio di notevoli pedofili in là con gli anni avvinti dal mascheramento edipico, parlottano di NAMBLA e di età di consenso e di amore di Irina Ionesco e di Maladolescenza per quanto, mi specificano con un refolo putrido di voce, preferiscano i maschietti, bravi dico io così si fa e poi mi immergo nella piccola folla assiepata tra le sedie da dopolavoro ARCI, ed a proposito di giacobinismo con piadina e tessera commercialmente consapevole riconosco i lineamenti di un esponente PD, che non sta per porco dio ma per partito democratico, notevole esempio pure lui mi dicono di libertario con la merda in bocca, e che splendida metafora mi dico io, anche se la merda deve averla molto pure nell'animo e nella testa, frequenta tanti locali di Parigi e di Barcellona mi spiega un anfitrione improvvisato il quale ha evidentemente percepito la mia curiosità nazista nell'averlo trovato là dentro, sgorbio capelluto e con barbetta ed occhiali, tipico pedofilo in fieri sputato mi dico, se sapessero che viene qui gli cagherebbero il cazzo eh rispondo io sfortunatamente solo in metafora eh, e l'anfitrione sorride benevolo perchè la battuta è di suo gusto e suppongo sia possa essere di gusto per chiunque qui dentro.
C'è un microfono che sparge scintille e riverberi larsen, una breve introduzione a cura del capo megapanciuto nonchè proprietario del locale, partono frammenti del video inframezzati da robusto rock sudista yankee del genere redneck, mi cedono il microfono e mi invitano ad una rapida, dicono proprio rapida, presentazione, ed allora io come mio consueto non parlo del documentario in sè ma di ciò che ci trovo di interessante io, la soglia dell'attenzione dei pornoascoltatori è abbastanza bassa ed alcuni prendono a bere fumare e spogliarsi, due arrischiano un fist-fucking tricologicamente villico, io zen ed impassibile nonostante l'atroce caldo che ci imperla tutti di sudore afrodisiaco parlo di cazzi malattia odio di sè ed altre stronzate, il pornopiddino sproloquia coi due pedofili scambiano numeri di cellulari, il proprietario dopo circa sette minuti mi riprende il microfono e fa partire il documentario strizzandomi un occhietto e dicendomi complice ce ne abbiamo messa ma lo abbiamo trovato alla fine.
Bene così, replico, stessa risposta più o meno data ai pedofili di prima e a chiunque altro mi abbia rivolto la parola là dentro. Dovrei andare al bagno ma evito per carità di patria. Mi costerà caro perchè non ci sono bar fuori e in Stazione i bagni si pagano. maledetti froci, dico io, perchè non posso fruire del vostro claustrofobico bagno senza il rischio di ritrovarmi un cazzo smozzicato nella latrina ?
Si sta facendo tardi.
Prendo la via dell'uscita su cui svetta un neon fluorescente rosso, faccio al piddino salutami Gramsci quello non capisce e ringrazia io mi rinserro nella mia depravazione rispettabile e me ne esco nel freddo della mezza-sera.

OLTRAGGIO





La grazia di Dio si inerpica abbarbicata sulle colline rocciose che vanno digradando verso la fornace di Roma, sotto un plumbeo cielo gravido di tempesta e squarciato da saette e tuoni - lampi neon fulminano alberi e sventrano tronchi fumiganti il lampadario oscilla pericolosamente gettando un chiarore di tenebra e di rancore verso il vetro, la lapide della madre che non è davvero morta se non in speranzosa metafora, le urla i pianti repressi e il sadismo diffuso sotto quel crocifisso, nostro signore ha pianto ! urla la donna in nero con quel neo bitorzoluto e i capelli sporchi luridi fuma un sigaro e guarda i bambini pezzi di merda bofonchia nostro signore ha sofferto lo strazio delle carni e voi non siete in grado di resistere a qualche gentile colpo di bastone e di cinta, pezzi di merda orfani ed io che devo badarvi invece di recitare le mie preghiere di rendere lode e grazie al Creatore, siete uno spreco, dei falliti, non avete nessun futuro, e più lo dice più lo pensa più lo urlacchia mentre la mensa si va riempiendo di odore di patate ed escrementi e vomito e gemiti più sente un odio medievale crescerle dentro, nel profondo del cuore, Giulio cazzo Giulio ed è un continuo reiterato vociare di odio e di antipatia, guarda cosa hai fatto !
Lui guarda, ma non vede. C'è solo quella sensazione che prima era di disagio ed ora è di disgusto, un disgusto abissale, cosmico, fuori dalla grazia di Dio, e per quanto sia in alto, su questo colle da cui domina con gli occhi le praterie cementificate di una Roma vicina e al tempo stesso lontana si sente solo, sente freddo, un gelo che gli macina le ossa, abbandonato, disperso, troppo piccolo per fronteggiare la miseria che gli viene rovesciata sulle spalle ed in faccia, la violenza, la brutalità, la Madre Superiora lo sta cercando di nuovo, lo lascia di solito nudo in giardino a prendere la neve coi fiocchi candidi e gelidi che gli si sciolgono sulla carne paonazza e cianotica, lui batte le gambe sente i denti tremare scontrarsi gli uni contro gli altri, eppure non può lamentarsi del tutto perchè ad altri bambini va ancora peggio la suora li prende e li getta nelle latrine con la faccia sulla merda piscia loro addosso insultandoli nel nome di Gesù Cristo nostro signore, li bastona li catechizza urla contro, a Natale scende l'odio abbacinante come un sudario particolarmente tetro, ciò che per gli altri è un momento di epica felicità per tutti loro è una via crucis una sofferenza indicibile, perchè dice la maledetta Suora Gesù è nato al freddo ed è morto in croce, e voi dovete soffrire come lui, anzi dovete soffrire più di lui perchè siete discendenti ed eredi di quegli stessi Romani che lo hanno processato umiliato torturato ed infine ucciso, povero figlio di un padre isolato lassù nei cieli, in quei cieli di porfido, Giulio si ferma a prendere una boccata d'aria ed immagina un mondo pieno d'amore e di tenerezza e di affetti che fino a quel punto gli sono stati radicalmente negati.
E' un oltraggio il modo in cui viene incatenato al termosifone incandescente.
Un oltraggio i segni istoriati sul suo corpo, i lividi lasciati a colpi di bastone e di frusta, BDSM cristiano e feticismo della suora, una indegna vecchia megera strega crudele e frigida.
Un oltraggio il vomito rappreso sulla camicia lisa, rovinata, strappata in più punti.
Non avrete mai un futuro ! avverte vaticinante la Madre Superiora.
Li insulta, li prende a male parole, approfitta della sua funzione del suo ruolo del suo prestigio, li porta nudi nella cripta dove il gelo è una spada affilata, e io non ho spada il silenzio dello spirito è la mia arma, isolamento e contrizione e solitudine e dolore e follia prossima ad esplodere, sta allevando generazioni di futuri psicopatici disfunzionali, sta erigendo un impero del male, ma Satana ha compassione e guarda dal caldo confortante della fiamma d'inferno e ne piange e ne soffre a vedere questi bambini così malnutriti vessati ed abusati.
Non ci sono inchieste. Nè indagini. Solo voci sussurrate a mezza bocca in paese. Nulla di eclatante, nulla che porti la polizia là dentro.
E quando cresce, quando riesce a prendere il largo, lasciandosi alle spalle quella tragica esperienza, finisce nelle grinfie di un commerciante sadico ed omosessuale che gode nel vomitargli in bocca, gli dice è il tuo pasto pezzo di merda, tu esisti solo per compiacere le mie voglie, lo porta a feste e festicciole sbronze con altri marci individui del genere, lo scopano tutti a sangue nel nome di un frainteso amore molto NAMBLA, lo fottono lo inculano lo coprono di sperma, e lui rivive con la mente e con gli spasmi e col sangue l'orrore dell'orfanotrofio, è un incubo viola senza fine, arriverà il suo turno, pazienta dice la voce interiore, una voce di muschio e cattiveria, una voce femmina lunare e ctonia, pazienta e poi prenderemo ciò che è nostro.
Anche noi faremo soffrire.
Anche noi spezzeremo i sogni altrui.
Anche noi domineremo.

domenica 11 dicembre 2011

La Merda di Dio




Il niente nientifica tra le chiappe porose di questa puttana nigeriana, subitaneamente rivestitasi mentre un cliente ha tentato la fuga nel fitto della boscaglia finendo sparato e ruzzolando in un cumulo di vestiti marci e di merda di cinese, avamposti cacatoi con cassette di frutta scodellate sotto il culo tra le frasche e le foglie dei platani su cui si appendono le carote e le zucchine da usare come dildo, c'è un eterno ritorno della bocca e della fica e più raramente del culo senza preservativo io malata borbotta la troia negra io malata io AIDS scandisce le sillabe come una ritardata, le cinesi scorreggiano e cacano sulle cassette di frutta rubate alla Conad e si nascondono mimetiche tra gli avallamenti le collinette e la scabbia, una trans non ha paura guarda sfidando il duello che si va consumando sotto il solustro a scacchi che filtra tra le fronde.
Pineta di Ostia, mattina inoltrata, giustificazioni abborracciate e minestrone di buoni sentimenti e patetico lirismo nichilista, froci spompinanti e spacciatori e marocchini ragazzi di vita al deposito ACEA e i cespugli si scuotono si muovono si flettono le sagome si scrutano cruising emozionale destituito di fondamento, l'essenza più pura del male come compartecipazione gnostica di galera anomia e cazzo in gola, scambiano sperma come fosse un dono prezioso, tra puttane controlli e tanta malattia, fisica e mentale - cosa ne sarà di me ? gorgoglia contrito un cliente, con quel tono gnostico da cinico e da penitente, il Castello di Silling non deve essere tanto lontano.
Uno svizzero fa finta di pettinarsi gelidamente seduto al posto del conducente, su una Nissan Micra verde metallizzato perfettamente intonata al contesto generale, suda e boccheggia, ciò nonostante si pettina sperando di diventare invisibile, tutti i clienti e tutti i froci si radunano come in una agiografia da deportazione, mancano i treni ma lo spirito è giusto.
La puttana nigeriana estrae una lametta dalla borsa e si recide un polso, ma in maniera stupida, un getto di sangue le scende sul braccio senza insistenza e senza convinzione, avesse voluto davvero la morte avrebbe aperto con ben altra energia e in verticale, non quella farlocca mossa orizzontale, poco profonda, poco incisiva, avrà in premio una cicatrice e tanta compassione da parte degli amici dei negri, la guardo come si guarderebbe una merda di cane, attento ad evitare il getto purpureo certamente infetto - cazzo vuoi fare ? le chiedo, diventare la donna-oggetto di Oliviero Toscani ? Pubblicità repressa e trasgressiva come la notte trascorsa al club privè o dentro una discoteca di Riccione, Damien Hirst e Chris Ofili e la merda della madonna e squalo sotto formaldeide e brillanti e diamanti e plastinazione e Von Hagens e trapani nel cervello, il quoziente carnografico splatter di una donna inutile, di una donna persino negra, sarà portata in ospedale dove scopriranno ciò che già so, l'AIDS e la malattia e poverina poveretta poveraccia un mantra di compassione liofilizzata e servizi televisivi e campagne socialmente consapevoli.
Le cinesi continuano ad essere le più malate, nella ipotetica ed ipocondriaca gara per il primato della carne esiziale le cinesi nei loro bordelli attorno Termini vendono fiche purulente e colme di pustole e di epatite e di AIDS persino più promiscuo e infetto di quello delle africane, le cinesi sono focolai pretenziosi di pompini alla scabbia, e qui in pineta vengono a cagare e poi si fanno leccare l'ano ancora impiastricciato di filamenti mucosi marroncini, c'è molto decoro qui, tantissimo decoro in salsa cinese, involtini primavera di vomito e diarrea, fanno massaggi in spiaggia massaggi conditi con seghe frettolose e malpagate e poi nuovamente massaggi il tocco del male attaccando infezioni psoriasi e la metaforica congiunzione di cazzi e spalle, massaggiano scapole e coglioni e i peli del pube trascinati sul cliente successivo, fantastiche cinesi che persino Saviano ha dovuto omaggiare con l'incipit di Gomorra cadaveri stipati dentro container marinari e noi le puttane le vediamo essere/non essere la questione tragica del nichilismo europeo senza Heidegger e senza Junger ma con solo queste mani giallognole sudate e sporche e piene di ferite e tagli e croste e sperma rappreso vera crema di bellezza, santoddio mi dico mentre evito l'ennesima cacca umana a forma di cuore nel folto di questa pineta e la vedo bella chiazzata liquefatta dispersa come una frattaglia di vacca, la metafora di carne e dio.
La merda di Dio, proprio.

venerdì 9 dicembre 2011

BAD KARMA





Nato egoista e cinico, insensibile e tiepidamente disforico mi compiaccio, come Sade, dell'idea che la mia tomba scompaia dalla faccia della terra portata via da qualche inondazione di detriti e fanghiglia.
Assorto in questo genere di pensieri confortanti e premurosi, mi indispettisco da solo pensando a quanta merda devo quotidianamente ingoiare ed una epifania mi si para, e prostra, davanti, non sarà per caso ma proprio per caso che la mia intera battaglia contro il genere umano sia determinata, causa-effetto, da un umanissimo sentimento di frustrazione ? Quesiti glaciali, pesanti, su cui meditare per una intera notte, forse per questo il cazzo mi fatica a diventare duro e la donnina pagata cinquanta euro, lei sì davvero frustrata lecca succhia lappa bacia e carezza manipolando pure le palle, ma senza apprezzabili conseguenze, sono fermo e irrigidito nelle membra, ma non nel membro, con una teofania gotica di sdilinquimento omicida nel cervello.
Di notte tutte le strade si somigliano, e specialmente la Tuscolana che fende palazzoni di edilizia popolare e quartieri dai nomi antichi ed altisonanti ridotti a tappezzeria immobile di sfasciacarrozze e parchetti incolti, non ti accorgi quasi dei chilometri macinati, non ti accorgi delle insegne verdi scintillanti delle farmacie con le loro croci pagane e delle autoambulanze che sfrecciano in tutte le direzioni e il flusso continuo costante ipnotico e magmatico di luci e vento e schizzi di pioggia, il caldo utero del porno show, ogni scalino ogni chance ogni banconota elargita ogni possibilità remota e ricacciata fuori dal peso della storia, la trasgressione pagata un tanto al chilo, mi guardo da fuori come se fosse possibile una alterità e una terzietà che mi dicono possa essere solo dei giudici e dei magnaccia, mi illudo crogiolandomi nella illusione di avere un peso specifico un qualcosa da comunicare, a chi poi?, mi sento come Albert Caraco mentre faceva esercizi ginnici di nichilismo e come l'ultimo soldato SS rimasto a Berlino a presidiare un lembo di terra fuori dal Bunker, con la gente festante e arresa e i panzerfaust deposti e la bandiera dei corsari issata su un carro armato interrato e fatto sparare contro la fanfara russa, mi dico che forse dovrei condurre una vita più sana più equilibrata più in sintonia con i ritmi socialmente accettabili, e poi mi dico pure che non devo vaneggiare e che la maglietta con la faccia di Ian Brady è un dono di Dio, che leggere Artaud fa bene al mio senso estetico e alla mia volontà di morte.
Non è colpa mia se esistono Fabio Volo e Lele Mora a questo mondo. Non devo essere troppo duro con me stesso, e per quanto possibile dovrei cercare in questo dedalo cementizio ai Colli Albani piaceri spiccioli da poco prezzo, che mi facciano sentire lontano dalla mia essenza e dallo scambiare chiappe su facebook.
Vorrei una vita interessante come quella di Tullio Brigida, libero come il monossido di carbonio.
Potente e fiero come Pietro De Negri dopo l'ennesima sniffata di cocaina.
Un isolazionista eroico e contumace in fuga dalla sua stessa esistenza, senza processo ma con una giuria di entusiasti a battermi le mani dietro.

Give Pap Khouma a Chance





Quanti Pap Khouma vendono bigiotteria priva di valore sotto il cielo della Stazione Termini, quanti instancabili infaticabili libertini delle moltitudini multirazziali e delle posse decantate ed inalberate da Toni Negri (nomen omen) stravaccano e bivaccano e grufolano motivetti etnici sotto i porticati corrosi, erosi, spisciazzati da cani randagi e da pusher marocchini, lungo tutto il corso di Via Giolitti, padri dell'unità d'Italia muti spettatori di pompini minorenni gang ecuadoregne e mignotte croate malate in tutta evidenza di epatite C, stereo a palla e macchine in fila tra autobus e tram e gironi danteschi con esalazioni alla stricnina e al kebab, questi Pap Khouma mi decantano la fiera appartenenza al cosmopolitismo globale della loro poetica delle tribù e persino vengono a vendermi, tentano di vendermi recte, mentre sbevazzo pessima coca-cola seduto fuori dalla Stazione assorto coi miei deplorevoli pensieri di figli morti e madri piagnucolose, libri di consapevolezza negra, libri che narrano struggenti storie di mitologia africana, romanzetti impalpabili in cui donne bianche carine e gentili e antirazziste fanno pompini, ma in metafora per non suonare gretti e sconvenienti, a questi poveri spauriti Bambi d'ebano coi cazzoni affilati e puntuti, in cerca di un futuro qui nella nostra beneamata pizzaland, tra le vie geometricamente intersecate attorno la Stazione, ho un odio profondo perchè il venditore negro mi attacca una filippica appassionata ed evidentemente finta di buonismo lancinante e di politicamente corretto, e già il fatto che lui, e tutti i suoi simili, mi chiamino fratello impone una seria riflessione a base di scrutamenti altezzosi e cinici, questo Saviano negro, questo redivivo fratello che m'ero perso da qualche parte chiede dieci euro per smerciarmi un signor romanzetto scritto da un suo fratello meno fortunato rimasto in Africa e io sorpreso e davvero contrito mi domando oh gesù perchè in Africa c'è rimasto qualcuno ? ed è triste, triste quasi quanto la farlocca prova di coraggio a cui sono stati sottoposti Ciccio e Tore i due fratellini di Gravina morti di stenti e freddo nella buca atroce e nera spalancata nel ventre del loro piccolo paese come il malevolo Nulla della Storia Infinita, una madre abbarbicata attorno impossibili certezze, tutte naturalmente sgretolate e fittizie, ed un marito tracimato sul greto della compassione, devastato da accuse impietose, cattive, impossibili da digerire da metabolizzare e da perdonare, ironia della sorte ironia nera naturalmente, come Onofri incriminato per pedopornografia e poi schiattato infartuato dopo una lagnosa via crucis di amore redimente e di buoni sentimenti, il Pap Khouma bianco della crocetta lignea - tutti questi Pap Khouma venditori e probabilmente scrittori loro stessi elargiscono aforismi di inusitata bellezza a ragazzine bianche, con la fissa dell'hip hop e della consapevolezza etnica, quella altrui altrimenti diventa razzismo, vedi crocicchi e capannelli tra le edicole di libri usati e altrettanto usato porno di Piazza dei Cinquecento e di Piazza dell'Esedra tra i caroselli furibondi di taxi e la merda degli storni a impiastricciare la fontana e il cielo rosso purpureo a specchiarsi lungo i colonnati e sui vetri degli alberghi di lusso, e giù ferita aperta in profondità Via Nazionale tra lampioni e corsie preferenziali, e i negri loro i negri e le ragazzine si amano si concupiscono, le ragazzine e relative famiglie con Gomorra sul comodino, proprio come il camorrista Zagaria, accendono la TV e la posta di Maria de Filippi e le ordalie degli Amici e i pompini sempre metaforici di Uomini & Donne e la mercificazione e Debord senza Debord, e Pap Khouma ci spiega l'hip hop che non è roba africana, ci spiega perchè siamo razzisti, e ce lo spiega anche Saviano, che straparla di sfilate vandaliche dei negri campani con toni da odalisca giacobina, probabilmente eccitato, ognuno si eccita con quel che trova e che ha, lui con gli atti di citazione della DDA e con la logorrea sifilitica, io con le catacombe di Gravina e la faccia di Pertini a Vermicino, questo fantastico carnevale del sottobosco di Termini, ora che le prime ombre della notte vanno allungandosi tra le macchine in sosta dentro cui scarne prostitute contrattano avvilenti prestazioni sessuali, e froci isolati da ogni ipotesi di integrazione sociale fanno a gara nell'incularsi e nello spompinarsi a vicenda, senza preservativi e senza metafore, perchè il trionfo dell'AIDS sia un onesto e chiaro segno di appartenenza e di identità, fist-fucking emozionale declinato in salsa tartara, anche qui con tanta merda di ispirazione diarroica, siamo proprio tutti più felici. Soli e felici.
Anzi, mi sento talmente felice da concedere persino a Pap Khouma una possibilità.
Dovrebbe avere la chance, la significativa chance di scorrere i putridi, ma sinceri, frames di Walking Toilet Bowl, di Jamie Gillis, controverso ma convincente epos di brutalità misogina e razzista, una carrellata di merda e di grugniti e di analitica decostruzione della personalità della starlette.
Bagno di Gillis.
Anonima puttana negra con imperativi interiori di confusa fame e altrettanto confusa ipotesi di elevazione sociale in punta di pornografia amatoriale.
Gillis la fa grugnire.
Come una scimmia, le dice proprio.
Brava scimmia. Continua ad insultarla in maniera bestiale e apparentemente gratuita, e lei per piccoli extra monetari rispetto alla cifra originariamente pattuita mangia una banana marcita, fa finta di spidocchiarsi, continua a grugnire, saltella come Cita, e poi dolce colpo di scena mangia masticando con quei dentoni candidi da brava negra la merda di Gillis.
Uno stronzetto con broda marroncina, e lei ci fa pure i gargarismi. Osceni meravigliosi gargarismi, celestiale messa in scena contro ogni idiozia politicamente corretta.
Mi ci scappa persino un sorriso, giusto il tempo necessario per allontanare nella maniera più avvilente possibile l'ennesimo fratello arrivato alla carica.

Gerald Stano a Piazzale Clodio







La scena nel complesso è da dipinto iper-.realistico alla Frank Bauer, una algida aula di tribunale immolata sulla pretenziosa sospensione del tempo tra secrezioni pastose lunari di luce scorreggiante, pareti di un grigio immoto a strapiombo sulle carte e sulle rinsecchite copie del codice di procedura penale, il giudice sbadiglia provato dalla sequenza oggettivamente stordente di rinvii ed audizioni di testi d'accusa e insulse domande di avvocati giovani ed imberbi più annoiati di lui, guardo il soffitto scrostato e minaccioso sembra davvero vicino alla terra al pavimento sporco le cooperative di pulizia devono essere in sciopero forzato da circa venti settimane, sento introdurre il nuovo dibattimento mentre due uomini bassi e neri vengono portati dentro da quattro agenti della Penitenziaria ed un maresciallo dei Carabinieri si fa strada tra i banchi e raggiunge la sedia con microfono posta di tre quarti davanti al giudice, sempre più scoglionato e insondabile nei suoi misteriosi pensieri.
Sodomia forzata, è il primo concetto dipanato nell'aria ferma ad attrarre la mia attenzione, sodomia forzata ed eiaculazione in faccia, faccia rubizza e avvinazzata di studentessa americana, tutte naif diciamocelo convinte che solo a Detroit e all'8 Mile e nei video di Eminem ci sia un quoziente di violenza da temere, e certo noi non abbiamo i Bittaker i Bundy i Stano ma abbiamo nomadi romeni in giro a piede libero con giostre Mercedes e birre belle fresche da sorseggiare guardando il tramonto a picco sulla Casilina, o nei parcheggi di scambio dell'Anagnina tra i palazzi del campus universitario e i raduni dei papa boys dove tra preservativi kleenex merda di cane e somodie forzate rom si consumano esistenze in accelerazione fiumi oceani di macchine lamiere contorte si trascinano lente a passo d'uomo mentre display a cristalli liquidi pongono l'accento sulla necessità di guida con specifici meccanismi di ritenzione aka cinture di sicurezza e dicono spiattellando la verità quanti punti si perdono a concedersi certe trasgressioni immonde, sodomia forzata dicevamo ed è un florilegio di chiese romaniche istoriate di lucori arancioni e stelle gettate sulle strade da presepe post-giudeo e vicoli e locali notturni e movida e studenti fuori corso e comitive ebbre di stranieri e rapaci extracomunitari spacciatori che promettono paradisi artificiali.
Dietro compenso, il carabiniere è paonazzo, dietro compenso l'imputato si è offerto di condurre le due giovani presso un suo conoscente e qui di trattare per loro l'acquisto di alcuni grammi di cocaina, e lo scenario passa dalla maestà corrotta di Piazza Navona alla suburra alternativa del Pigneto, amena località strapaesana tumorale piena di vita e di non vita, di bonghi ritmi alternativi e bellezze etniche, palazzi fintopoveri stracolmi di intellettuali santoddio intellettuali dai capelli crespi il perenne abbonamento a MicroMega e ad altri esemplari di giacobismo sporco di caviale in tasca esperti fruitori di LP hutu e osservatori per niente distaccati di cinematografia iraniana e tagika, immagino ci viva pure quella professoressa di antropologia culturale che una volta, quando ero un cazzone universitario, volle tenerci un seminario sulle guerre etniche esordendo con un affastellante ed affabulatorio "spero che nessuno tra voi creda nel concetto di razza" e quando io timidamente presi la parola, dopo aver altrettanto timidamente sollevato un braccio e sciorinai una vomitata di De Gobineau, Klages, e persino di Levi-Strauss che la razza la ammetteva pur chiedendone il superamento concettuale la vidi prima sbiancare poi farsi rosso pompeiano poi ancora violacea con gli occhi lacrimanti e supplici annaspando per l'aria come se un femore di pterodattilo le si fosse incastrato giù per la gola, ed io credo nella razza, ci credo fermamente, come ci credono questi predoni Rom dal cazzo facile, un cazzo principalmente predisposto alle sodomie forzate, e ci dica, incalza il giudice canuto evidentemente riavutosi dal coma precedente, pregustando facili scenari pornografici, ci dica cosa ha visto quando ha fatto irruzione nella baracca.
Baracca che segna il passaggio successivo, dal Pigneto a Torre Maura, di abboccamento in abboccamento, in gioco di rimandi e scatole cinesi che ha portato la gang rom a circuire le due americane.
Che non era una baracca, precisa il maresciallo paonazzo pure lui anche senza aver sentito concetti razziali, lo dice quasi a proteggersi con quella precisazione da ciò che verrà dopo, era un rudere di una antica villa romana usato come rifugio dai pastori, eggià perchè a Roma nell'agro rimasto fermo al Papa Re e ai briganti, solo leggermente ricontestualizzato con le Smart dei trans e i camion non assicurati, abbiamo la transumanza delle mandrie e le bestiole brucanti erba ingiallita dal cemento armato, abbiamo le baracche ed i Re Magi e la stella cometa neon da locale porno, questo rudere usato come abituale dimora da un gruppo di sbandati rom, alcuni giostrai alcuni spacciatori tutti conosciuti e con precedenti specifici, laddove lo specifico consiste prevalentemente in una sequenza di violenze carnali in danno di loro connazionali, italiane e turiste poco accorte - una volta entrati, abbiamo sorpreso P. fermo su un divano e stava guardando un film porno, lo sussurra con un timidissimo refolo di voce, il pubblico avvocatizio rumoreggia, chi ridacchia, le guardie della Penitenziaria osservano corrucciate i due gaglioffi rom i quali da par loro ridono, nemmeno fosse una scampagnata, mentre C. era nell'altra stanza e stava violentando la K., su di un materasso sporco, lei era legata con una catena da cane per il collo ed assicurata ad un passante metallico conficcato nel muro, la S. pure lei legata in quel modo era poco discosta ed osservava singhiozzando la scena - come la stava violentando ? Chiede il giudice, mentre io mi sporgo in avanti e guardo C., uno gnomo barbuto e con capelli neri lucidissimi lunghi alla sandokan un ghigno ineffabile e sardonico scolpito sulla faccia durissima, un uomo rotto a tutte le esperienze e che ha deciso di rompere anche gli altri, in prevalenza sfinteri di ventiduenni americane sbronze e brille e stronze, questa non è pizzaland non c'è il basilico nè la dolce vita stropicciata con pronuncia blesa qui c'è cazzo lercio e suppurato da succhiare mentre si ha un serramanico puntato alla tempia, succhia succhia troia troia maledetta lo diceva in italiano un italiano selvaggio e stentato ma d'effetto - ma non la stava prendendo da dietro ? obietta l'avvocato difensore, più avvinto dalla coerenza filologica del film porno che va creandosi nella sua mente che dallo screditare il teste - il rapporto orale è stato subito dopo.
Subito dopo la sodomia ? il giudice si sta sporgendo in avanti e temo possa stramazzarmi al suolo pure lui, l'aula è scesa in un furtivo silenzio di tomba, un silenzio da cinema porno -subito dopo la sodomia, conferma ed io immagino questi carabinieri fermi nella penombra muffosa del rudere intenti chi a pedinare un rom masturbatore col solustro azzurrognolo di un pornazzo chi invece a bearsi del live show inscenato dalla K. e da C. - roba che io devo cacciarci 50 centesimi a botta, mi maledico pensando a quella serranda di kevlar che spezza le mie concupiscenze ogni minuto nel locale di peep show dove vado a comprarmi seghe ed esistenze devastate.
Queste americane fatto un giretto per college e siti web, tutti a base di redenzione europea e couch-surfing, vengono a vivere il paradiso oleoso della pizza, della bontà e della musica di Bocelli, un paese inquieto ma bonario di pulcinella e latin-lover, simpatici affabili e guidos - ma queste americane, Amanda Knox esclusa, finiscono a Campo dè Fiori o a Piazza Navona e facendo finta di spedire innocue cartoline coi monumenti ai genitori Battisti e severi, si rimorchiano marocchini, pregiudicati italici e altre umanità che un tempo, quando la Giustizia era seria, venivano spedite a fare trasferte senza diffidati nell'europa dell'est- e queste americane succhiano cazzi e patiscono sodomie forzate, gang bang nichilistiche con puzza di pelle laida, The Hitcher non ha insegnato nulla, se non ad Amanda Knox, il vecchio trito ma veritiero adagio del non accettare caramelle dagli sconosciuti.
Una vita rovinata, distrutta, per sempre alterata ! Impreca il Pubblico Ministero, una donna che suppongo andrà a cena dalla professoressa di antropologia - terminologia da romanzo di Peter Sotos, ferite aperte e che, spero, non si rimargineranno mai nella mente della povera americana incatenata, nè in quella altrettanto sconvolta della sua amica costretta a guardare lo spettacolino certa che poi sarebbe venuto il suo turno.
Eiaculazione in faccia ! Ulula la PM - il money-shot avrebbe detto Jamie Gillis, mi rinserro nella mia vaga consapevolezza assassina e tremenda, quanta energia sprecata, quanti meravigliosi concetti buttati al cesso -ma ci rendiamo conto ! sempre la PM a bestemmiare metaforicamente, poi andrà a pasteggiare col cappuccino -una mancanza totale di rispetto, mi vengono i brividi, io intanto scorro in carrellata flash-back tutte le migliaia di cumshot a cui ho assistito, e non è tanto male, no non è tanto male la cosa.
Sento battermi sulle spalle, è G., un grosso avvocato specializzato in violenza sessuale, sfruttamento della prostituzione, e celebre e celebrato dalle band Rom, le migliori pagano in contanti soldi unti ma benedetti, pecunia non olet con ancora la sborra impiastricciata sopra, i due gaglioffi non li difende lui, anzi è piuttosto critico sul comportamento dimesso e renitente del loro avvocatucolo, ma poi G. ha delle sue ataviche ed ontologiche antipatie con la PM in questione ed avrebbe pagato oro per vedersela con lei ed io avrei pagato oro per sentire la distruzione morale della dignità delle due yankee.
Mi chiede se ho con me i due libri sul turismo sessuale in Tailandia che ho promesso di prestargli, per una sua ricerca commissionata dall'Ordine degli Avvocati, mi tengo aperte le porte e le rade simpatie da quando sfanculai un mio precedente contatto al grido di "scriviamo pure, ma sia chiaro, tutto dalla parte dei turisti sessuali", pensò, erroneamente, ad una provocazione punk, poi comprese che io non sono un provocatore ma un serio, oggettivo malato mentale.
I due libri non li ho, e il suo interloquire mi sta privando di ulteriori densi particolari pornografici, percepisco solo un drammaticamente sibilato "ha fatto in tempo a tirarsi su solo le mutande quando l'abbiamo ammanettato", quel gesto borghese e puritano mi fa cadere in disgrazia il malefico C.
Tu quoque !
Dove si va a pranzo ? chiede G.
Boh, faccio io, davvero poco interessato -ed intanto penso chissà come cucinano le due americane. Un pensiero stronzo ma divertente e con un sorriso inopportuno ma sincero mi sollevo dalla mia sedia e mi avvio all'uscita, portandomi dietro l'insidioso G.

giovedì 8 dicembre 2011

FRAMMENTO XI





Tor di Quinto non sfigurerebbe nel prossimo libro fotografico di Antoine d'Agata, e io dico se smettesse di andare per Cambogia e Tailandia e bordelli ostrogoti giusto giusto rischiarati da lampade alogene potrebbe venire ad inerpicarsi qui nella giungla di cartone, con metaforici machete e altrettanto metaforiche buone intenzioni, mentre noi avanziamo imprimendo bene a mente la strada del ritorno disossato sentiero di erba ciancicata e potremmo toglierci il pensiero, espressione che in sè non vuol dire nulla se non l'ossimoro del decoro urbano, fa freddo, ho lo scaldacollo che mi fa sudare di un sudare ghiacciato microstalattiti minchioni mi falcidiano la pelle arrossandomela, ho i guanti, gli scarponi e i pantaloni antipioggia, e nel complesso somiglio ad un fante della Leibstandarte Adolf Hitler masticante gomma, scazzato e perplesso e borbottante mentre chi apre la fila abbatte alberelli cespugli ed evita siringhe insanguinate conficcate con prepotenza nella corteccia degli alberi abbattuti, potrebbe Antoine scattarci una foto-ricordo nell'inferno verde e noi fischiettiamo un allegro motivetto di morte, sono le sette e dodici, il freddo continua imperterrito ad uccidere la nostra voglia di essere qui.
Il decoro urbano ce lo impone, seriamente.
Dobbiamo bussare alle abitazioni, o meglio ai camper e alle roulotte piazzati su gettate di cemento armato proprio qui nel cuore del nulla, dentro cui signore attempate over-sessanta ed over-settanta concedono le loro archeologiche grazie dietro compenso nemmeno tanto esiguo, perchè gli aficionados del genere siano avvertiti e avvertiti per tempo che ogni ossessione ha un suo prezzo, carne avvizzita e vene varicose e pompini con o senza dentiera, e l'idea di scopare la formaldeide e la naftalina e le ragnatele nella fica e la nonna porno perchè la pornografia è una grandiosa mimesi della vita, queste donne che Antoine dovrebbe riprendere ed eternare nell'osceno detour della vecchiaia come elemento di saggezza si affastellano occhieggiando sui bordi dei camper, coltivano piantine di marijuana e scopano e fottono tra una cena coi parenti e una gita in pulmann con annesso piazzista della Folletto, spompinano ossequiose di foto e santini di San Francesco e Padre Pio con quell'abbligliamento erotico dozzinale da Stazione Termini e qualche particolare che tradisce una gestazione culturale ed esistenziale di civettuola povertà, ed il rossetto è sempre troppo rosso troppo marcato troppo volgare, cerone nemmeno fosse una piece teatrale, calze a rete, la volontà guardinga di divenire personaggio da lavare via quando poi la domenica si mangiano le pastarelle al cioccolato in compagnia dei nipotini - non una vita necessariamente anomica, ma una tradizione e come tutte le tradizioni ormai ha perso il senso dell'origine lontana per divenire coazione e routine.
Noi della Leibstandarte cittadina ci dividiamo in gruppuscoli, mi viene richiesto con un certo imperioso contegno di recarmi presso la più malmessa ed oscena delle roulotte, un affare sbilenco, purtrido, col tettuccio sfasciato e le ragnatele oggettive a filare tra i rami degli alberi ed i vetri, sanno tutti di questo mio trasporto ideal-tipico per il brutto, per il sordido e per il patologico ed allora se ne approfittano.
In questo lembo di Amazzonia pornografica, le Iene non si sono mai avventurate, nè che io sappia ricercatori sociologici formati sull'altare di Francesco Alberoni, nè giornalisti nè progressisti col mito del buon selvaggio, e si vede perchè nemmeno i rom si degnano di viverci, solo queste puttane ottuagenarie con la carie nel cervello e tanta tanta confusione, e pensioni sociali minime e file alle poste e una totalitaria propensione a continuare a prostituirsi, quelle che proprio non ce la fanno più per decadenza fisiologica che per oggettiva carenza di volontà si riciclano nel sempiterno samsara della delinquenza metropolitana, piccolo spaccio piccolissima ricettazione.
Uno mi fa, ma te lo immagini venire in questo merdaio, pagare e pagare caro per scoparsi tua nonna ?
Me lo immagino, preciso. Me lo immagino ogni volta che su Bulk Porn vado a cliccare imperioso e convinto generi come granny, mature, ed older, sfruttando la caduta verticale della mia dignità, me lo immagino prefigurando scenari di ragazzini idioti e di riti di passaggio, ma senza Van Gennep a nobilitarne la consistenza, con solo disparate e disperate voglie sessuali, manie urgenti, viscerali, il diavolo marcia con noi e specificamente con me mentre tento di scarabocchiare dei pasticciati e sbafati particolari anagrafici ed identificativi su un atto di notifica.
Demoliamo tutto, signora. Ma signora lo dico senza rispetto, senza tono neutro, solo una curiosità morbosa, come a tentare telepaticamente di scardinare ogni reticenza, ogni renitenza, raccontami, sembro pensare e lo penso davvero, raccontami quanti cazzi giovani spompini, quanto sperma inonda questa erbetta rada e degradata, quanto decoro urbano violi mentre ti fai sodomizzare e il tuo sfintere dilatato rilassato certo malato pulsa come l'occhio di Odino, lei rimane però muta, insensibile alle mie richieste, non ha colto la brama porca e miseranda che mi cova nella mente, nel cuore (nero, avvizzito, marcio),e deluso scornato frustrato le notifico l'atto e torno sui miei passi dove il resto della truppa si va raccogliendo per una ulteriore esplorazione a fondo, nel vitreo vigliacco folto della foresta.
Te li immagini, è una eco portata via dal vento.
Si, me li immagino.
Precisamente.

mercoledì 7 dicembre 2011

La carne urla





La carne urla. Strepita, grugnisce, si inarca e si flette, soffre, e naturalmente sanguina.
Il piombo inatteso tra cemento e desolazione, un arco che si allontana da un centro metaforico, una figura ellittica e adombrata dall'ultimo tramonto, piove dal cielo freddo, le nuvole vanno scurendosi nel ventre, si gonfiano di pustole tossiche, mentre tutto sotto va riempiendosi di merda l'orizzonte.
Via Togliatti. Degno nome per un luna-park di transessualismo degenerato, e scorribande zingare da etilometro ed agguati mafiosi, piazzole per scambisti luminescenti ed omosessuali confusi ed eterosessuali solitari che hanno perso la cognizione del tempo, un loro specifico Bestiario fittizio - privi di identità, di documenti, rincoglioniti, ircocervi ed ebefrenici, bevono pessimo caffè ed orzo col gomito appoggiato al bancone, mentre una barista est-europea col permesso di soggiorno a punti racimolato dopo qualche scopata mature, cerca inutilmente di spazzolare via le molliche la cartaccia e di lavare le chiazze di unto e di vischiosa sporcizia sedimentatasi sul vetro.
Siamo tutti brave persone, non vogliamo casini, dice il tizio basso e ciccione, con un fenomenale riporto damascato, ed un maglione putrido su cui vanno sommandosi i drammi della Storia - un reduce di Stalingrado, che dal 1945 ad oggi non avesse avuto modo di farsi una singola doccia, ispirerebbe un grado maggiore di pulizia e di rispetto. Il tizio non ha un nome che voglia condividere, il potere condiviso d'altronde è potere perduto e in queste remote lande di Roma terzomondiale siamo ancora fermi ad una concettuologia esoterica ed indigena, di comunicazioni non verbali coltelli e racket.
E' un artista.
E cerca culi. Un assioma che lo erige sul piedistallo dei mancati Pasolini -e se, mi dico, potesse vedere che razza di monumento hanno dedicato alla memoria di Pasolini all'Idroscalo, si ecciterebbe meno, e ancor meno si isserebbe sull'immaginifico Everest dell'artisticità.
Ha quel genere di solitudine interiore dentro, quella solitudine da contrattazione marchettara negli androni illuminati delle Stazioni e fuori dalle mense Caritas dove rimorchiare in saldo qualche pulcioso schiavo africano o qualche ruminante e fintamente recalcitrante rumeno, niente zingari dio mio no, bonfonchia come farebbe Platinette davanti al cazzo ipertrofico di Mike Tyson, davanti quella consistenza animalesca e ctonia, quella saggia violenza brutale, metafisica, devastante, in grado di metterti in pericolo senza mediazioni e senza interfaccia di sorta.
Succhio dei bei cazzoni, confessa civettuolo con tutto uno sbattere di ciglia che mi lascia perplesso mentre rivolgo occhiate distratte ai tavolini ingombri di camionisti e di comitive in fuga dal centro cittadino, i locali notturni non li vogliono questi, succhio dei bei cazzoni, lo faccio bene, con tutta la devozione richiesta, e sono certo che continuerà ad ammorbarmi con dettagli ed estrapolazioni filosofiche ed inevitabilmente esistenziali del suo fallimento.
Fa delle battute. Tragiche. Patetiche. Perfettamente in linea con il personaggio.
Dice che vuole odore di vita, e che la vita non è mai facile.
Eh se hai ragione amico mio, ribatto come un corsaro ammainato ed ammanettato giunto a consistere nella sua blesa ultima isola, ci vuole devozione, ci vuole trasporto. Quasi empatia.
Oh l'empatia, mi ammira lo so, perchè mica è da tutti alle tre ed un quarto di notte in un chiosco bar della Togliatti tra il centro carni e la brughiera simil-steppa dove l'erba è marrone e la merda viola, usare quella terminologia, empatia per tanti qui dentro sarà che ne so una malattia, una devianza, una delle tante che caratterizzano e costellano le loro esistenze.
Ho scoperto i trans relativamente da poco, con una bella brasiliana ho avuto anche una specie di relazione, confessa partecipe ed emotivamente toccata la cariatide in sovrappeso, ha gli occhi trasfigurati e appuntati sul cazzo di Cupido, in pura estasi.
Roba di presentazioni in famiglia, suppongo.
I genitori gli sono morti, per fortuna. Li ha seppelliti, nonostante due fratelli socialmente integrati, sposati, con prole e discreti lavori, ne parla con livore, rabbia decisamente celata male, un furore cosmico che va aumentando, lo vedo pulsare, ribollire, come se avesse un Alien dentro lo stomaco dilatato.
Sono un fallito, e ne vado fiero.
Borbotta, si accende un sigaro corto, vedo il guizzo carnicino della fiamma e poi il fumo e lo sento aspirare, alle nostre spalle una nigeriana che puzza da far schifo allunga una mano per scavalcarmi e prendere un bicchiere di whiskey caldo. Un fallito su tutta la linea, e sorride, ma eccomi qui, in cerca, in caccia, con tanti bei culi da deflorare e tanti bei cazzi da succhiare.
E le malattie ? Ti proteggi ? Gli domando con un trasporto da Censimento ISTAT .
No, fa lui, il bello è anche quello, e poi guarda ti dico è più difficile di quanto si possa pensare beccarsi qualcosa, l'importante è evitare come la peste gli zingari, quelli caro mio sono tutti malati, gli altri li sceglie freschi, novizi, di recente su piazza, ancora stanchi per la traversata, lui pensa poche chance di beccarsi l'alone viola, ma nega a se stesso la possibilità manco tanto remota che i suoi amanti facessero già la vita nei loro rispettivi paesi.
Sembra quasi leggermi nel pensiero e dice, lo vedi lo capisci se uno è malato, sei mai stato alla Gara du Nord, la stazione centrale di Bucarest ? No, dico. E' una specie di Termini ibridata con una favela ed un campo nomadi, attorno tutti scugnizzi col catrame in faccia e la colla nei polmoni, generalmente qualche cazzo tedesco o francese o italiano nello sfintere, lo sfregamento del cazzo reso afrodisiaco dalla patina di lerciume e dai pidocchi e dalla scabbia e naturalmente dall'AIDS, ma vedi, continua lui, le croste, le suppurazioni, gli occhi vitrei e spenti, da zombie.
Apre una parentesi non richiesta su George Romero e sulla serie The Walking Dead, da bravo nerd sfigato, poi torna ai suoi pornoracconti vagamente sadiani e molto molto disgustosi.
Un anno sono andato con una associazione di volontariato, per portare degli aiuti materiali - e mi figuro, perfettamente, quali siano stati gli extra elargiti sul campo. Lei è una brava persona, sogghigno, ma lui non è soddisfatto di quel lei, di quell'informale barriera apposta tra la mia giovane e debosciata persona e la sua consistenza di cinquantenne prossimo alla morte. Vorrebbe, ne sono certo, confidenza, affinità.
Una pacca sulle spalle. Un bravo coreografico.
Magari che ne so, pure una patta sbottonata.
Ci stavamo dando del tu, dice.
E' il suo amo, la sua esca. A me non frega dei suoi giochetti verbali e mentali,non so nemmeno come e perchè gli ho dato confidenza.
Preferisco il lei.
Si incupisce. Mi si deprime davanti. Ineluttabilmente. Mi gira le spalle.
Si accosta a due maschioni ucraini che stanno caricando cassette di birra su una Ford Fiesta.Che programmi avete carucci ?
Una checca, una checca totale.
Ho perso l'occasione di chiedergli quale sia la sua cazzo di arte, ad eccezione ovviamente del succhiare cazzo extracomunitario. La sua specializzazione post-laurea in sesso unisex.
Ormai fa comunella con gli ucraini, alti biondi e coi rossotti da paesani sui volti, però ogni tanto mi guarda come a dire, con quel genere di puntuta e stronza arroganza, eccomi qui, mi avevi a disposizione e ora mi hai perso.
Gli rutto in faccia. Devo tornare sulla Togliatti. E possibilmente trovare un cesso.

Inconsistenza







"Da quattro mesi provava odio nei confronti della famiglia, che continuava a parlare male di questa ragazza, dolcissima nei suoi confronti. Anche la sera precedente la strage avevano parlato male di lei, affermando tra l'altro - è negra- " (dalla sentenza di condanna di Elia del Grande, citata in "Gli Sterminatori", di A. Zappalà, CSE)
Il rap è musica per fascisti negri. Me lo sussurro da solo nel molteplice crogiolarmi della mia, latente, schizofrenia - attorno un neon lumeggia ciò che resta di uno spogliarello, trascorro serate di lurida epifania pagando e pagando cara la mia insonne lotta contro la noia.
A Cioran, l'insonnia costò "Al Culmine della Disperazione", a De Niro un lavoro da tassista e una campagna elettorale di pulizia etnica, a me invece costringe a girovagare senza meta nel deserto elettrificato di Roma, per tangenti e tangenziali e strade consolari, sotto pendici burrose di verde pasturato, sopra rovine augustee che stanno franando vittime del peso dei tagli ministeriali e dei sinistri rimpalli di responsabilità tra sfera di competenza comunale e sfera statale, vedo campagne da disastro ambientale, pianti di donne ferme a mangiare salsiccia e bere coca-cola alle tre di notte, la movida, le risse, vedo e guardo e mi sento un relitto un naufrago una monade impazzita e isolata, chiuso in me stesso senza parole.
Ho dei beat ipertrofici e una voce negra che canta di nazionalismo etnico, di epidermide, di caos e visioni telluriche, e mi fermo a prendere una boccata d'aria contemplando la cellulite sulle gambe della bosniaca, ha appena terminato di estroflettere le sue grandi labbra con un massaggio ayurvedico da dildo, mentre gli occhi di avventori e proprietari ondeggiano e luccicano, meno dei neon blu e rossi ma pur sempre tanto, mondezzari AMA finiscono di raccogliere dei sacchi neri e delle bottiglie impilate da un fardello hip hopper bianco scrivano di vaghe rime metropolitane, spacciatore in sedicesimo e battute sincopate e rime prive di mordente, progressista disperso tra Gramsci e il Forte Prenestino e altri centri sociali che coltivano, oltre alla droga sia sempre benedetta in tutte le sue molteplici varianti di darwinismo sociale, la mitologia di una musica negra buona.
Gentile.
Indolore.
Come il dub giamaicano fieramente intonato da misogini omofobi, ma tollerabili in quanto negri.
Ferdinando Carretta ha ammazzato i suoi genitori non per improbabili eredità, non per vanto, ma per paura; paura di non poter più cagare in salotto, o di pisciare dentro un bicchiere di cristallo, come era solito fare in un impeto di libertaria follia costruttiva. Non ho mai ammazzato i miei genitori ma suppongo che la merda sia sacra...e che se Ferdinando Carretta fosse stato negro, qualche giustificazione l'avrebbero trovata.
Di notte, sia chiaro, ho degli incubi. Anche se non dormo.
Incubi lucidi, ad occhi aperti - con la mente instabile che emette ed emana secrezioni di odio allo stadio più puro, odio contro chi mi circonda e contro me stesso.
L'ennesimo film porno, l'ennesima scintilla sessualmente decadente e mercantile di un peep show in compagnia di zombie antropologicamente risibili, l'ennesima contemplazione dell'esistente in forma di aforisma, il puzzle onomatopeico di casi di cronaca nera tra loro combinati, voglio immaginare Silvestro delle Cave ucciso sulla Casilina dalla Franzoni e poi Erika intenta a girare film porno in compagnia di Michele Misseri, una congerie masturbatoria ed affabulatoria che assomma come un magma ribollente la creazione e la distruzione.
Erika e la pedopornografia processualmente incerta di Alberto Stasi.
Erika e le gang bang mediatiche di Misseri - da contadino rozzo in stile porno tedesco older ad intellettuale da "cuore nel pozzo", con rivendicazioni e cazzo a stento represso nelle mutande con le furibonde groupies a reclamare la parità dei sessi, e tutti ma proprio tutti da Barbara d'Urso a Salvo Sottile, sempre corrucciato ed impettito e di tre quarti, ad umettarsi le labbra col metaforico sperma di Avetrana.
Ferdinando Carretta e la chiesa col cadavere di Elisa Claps, tanto la chiesa non paga l'ICI, pagasse almeno il condono tombale - così da liberare per quanto possibile Danilo Restivo e dargli la possibilità di andare in tour con Douglas P., di cui è evidentemente il fratello gemello mai dichiarato, entrambi io credo torturatori di donne vicine di casa.
Il Vangelo dice "non crediate che io sia venuto a portare la pace nel mondo - non sono venuto a portare la pace, ma la spada" (Matteo, 10, 34), e Misseri porta la cordicella mentre il flash dei fotografi catechizza la madre di Sarah Scazzi, tutti portiamo la spada dall'arrotino e dal Bushido trionfante, col silenzio dell'animo gelido e psicotico, soprattutto io la notte quando giro per locali porno. Sempre di meno numericamente, sempre più cari e nascosti.
Ficcherei volentieri una spada nella fica di questa inconsistente spogliarellista, tanto per vedere l'effetto che fa. Tanto per crogiolarmi nella mia insonne e atavica boria.
Dare un senso definitivo al concetto di colpevole, ridonargli della dignità, non smerdarmi come un Raffaele Sollecito qualunque, la galera da innocente dice lui è terribile, ma c'è di peggio.
C'è davvero di peggio; la libertà da colpevole, ad esempio.

Satana si è fermato sulla Salaria




I giovani che adorano Satana e fumano crack si danno convegno notturno sulle scalinate di Via di Grottarossa, a pochi passi da una baraccopoli zingara e da un collegio dal sontuoso cancello di ingresso adorno di alberi secolari e pneumatici Pirelli vagamente incendiati - qualche timida puttana si scalda davanti la vitrea fiamma (non nera, come si converrebbe, ma rossiccia), tra le sinuose ed infernali volute di fumo cancerogeno, nell'odore di plastica catramata che va in ebollizione, ed i giovani intonano i loro inni Mysticum e Watain da vecchi stereo sfasciati e gracchianti sul modello quattro piste che fece grandi i Darkthrone prima che i Darkthrone scoprissero retroattivamente l'hardcore.
Questi sono giovani di prospettiva, di giorno studenti universitari, scrittori solipsistici di blog, carezzanti e olezzanti d'amore, affastellati gli uni contro gli altri nel sempiterno gioco della non-vita, in una enigmatica e sontuosa messa in scena, una opera d'arte totale di graffiti e scritte alla Moccia ma diciamo chiaramente che quando Wagner ha teorizzanto l'opera d'arte totale non ha tenuto in considerazione Fabio Volo, ed io che tra le frasche verdeggianti mi faccio spompinare da una rumena di ventitre anni posso guardarli ballare e danzare come nella storia notturna sabbatica, nomadi ed erranti e cinici e penitenti e disillusi da una futura esistenza al chiuso dell'Associazione Bancaria Italiana, tecnici in fieri e giuristi e periti aziendali ma non periti nel senso necroforo di Karen Greenlee.
Choosing Death.
Scegli la morte.
Ma sceglila sul serio.
Come un Totenkopf istoriato sulle cicatrici di neve e geometrie imperiali.
Le Bestie di Satana nell'anomia nordica, e non Roma Nord - lo so, il Labaro ha un nome sufficientemente marziale, dove le colline infossate sul serpente acquitrinoso chiamato Tevere, tra costoni di roccia e case abusive edificate con una fretta sospetta in perenne sospensione, lassù sono giustificati a voler formare band black metal composte da un solo membro fondatore generalmente intrigato dalle acque del Gange e da Odino e da Lucifero, ho appena speso sessanta euro per un ponderoso volume sull'Induismo antico, dai Veda ai Purana, gli inni di distruzione, leggo Caraco e Cioran barcollando nel nichilismo gelido della notte odiando, nei fatti, chiunque, eppure non sono un degno adoratore del Capro Nero, non come loro giustificati nella trasgressione tirannica dal non avere un cazzo da fare.
Io, purtroppo, faccio.
Faccio collezione e scempio rovesciato dei dipinti di Austin Osman Spare, e mescolo Gilles de Rais, nella sua fluttuante costipazione emotiva musicale Whitehouse e nel declino crepuscolare batailliano, nella sua transeunte caratterizzazione di conferenza crowleyana come alchemico simbolo nigredo-albedo-rubedo cicli cicli mestruali anche, lo mescolo con i vagheggiamenti di Artaud e le carni straziate di Sarah Kane, e poi  colleziono film porno GGG e shitting tedesco, corposo e pastoso e secrezioni anche diarroiche se vogliamo, ho i numeri di Jack Number Two e i consigli dietologico-perversi su alimentazione e caviar, le epopee infinite di fisting e orgia dentro i lucori del KitKat berlinese, questo mi pone fuori dal girone consapevole del black metal militante, perchè in questo black metal non sei ortodosso se non passi le tue giornate a studiare lo sconto bancario e le serate a sbronzarti nel nome dei Tsjuder, non ho poster di Frazetta nè libri satanici finlandesi che dovrebbero spiegarmi la relazione intercorrente tra sciamanesimo sami, fuor di Eliade, e Lucifero. E sono, poi, sufficientemente razzista da scoparmi questa puttana usando un preservativo, mantenendo un alterato e altero distacco in pvc.
Mimano oscene processioni gotiche coi giubbotti lisi, in cuoio, impestati di toppe di gruppacci dai loghi inguardabili, ed io che li osservo con aria torva ma non torva nel modo immortalato dalle foto di Beste finisco per essere soltanto un nichilista spompinato dietro un divano putrefatto su cui crescono licheni e buste di plastica.
Il mio sperma gronda insaccato nel profilattico mentre la fisiologia della puttana rumena mi disgusta e per trovare un minimo di conforto erettile devo pensare al capitolo  "problemi sadomasochisti" del libro Vittime di Abuso, edito da CSE, una ottima carrellata parascientifica di degrado morale e casistica sessuale, immergere la mia mente provata dal tremito orgasmico nella congerie di donne violate, sottomesse, incestuose e variamente abusate, ma non nel modo salvifico e redimente dei giochetti di ruolo, i giochetti che anche questi fumatori di crack e peyote e toppe dei Deathspell Omega praticano con riservato contegno, al netto delle interpretazioni freudiane il sadomasochismo messo in scena da quel libro è un brodo di stupro e sadismo inflitto senza speranza alcuna di guarigione, non è una carezzina amorevole vergata con un flogger sulle canute chiappe di una casalinga.
La linea decrescente di tumori mentali rappresentati da questi gibbosi metallari mi inquieta, mi intristisce, mi fossilizza sulla e nella osservazione pietosa, i lampi dei fari dei camion e i fuochi delle puttane che si riverberano sulle rade pozze d'acque, ed il vento che fa stormire le foglie e l'odore di erba bagnata, il silenzio e il black metal, una catacombale muschiosa colonna sonora perenne nelle mie orecchie, anzi no nella mia mente. Cristo si sarà pure fermato ad Eboli, ma qui Satana è incolonnato sulla Salaria.
Da parecchio, ormai.

I sogni muoiono in Via dell'Archeologia





Torre Angela non è Ciudad Juarez, purtroppo.
Meno sabbia, anzi percentuale quantitativamente prossima allo zero, casette povere ma dignitose, semplicemente tra loro scoordinate in un impeto di individualismo edilizio post-abusivo regolarizzato nel corso degli anni dalla strutturale ignavia degli uffici preposti, meno croci nel deserto soprattutto perchè non c'è il deserto e le sparute croci sono altarini votivi issati accanto allo scarno guard-rail e ai pali della luce (ovviamente quando ce ne sono), memorie stocastiche di ragazzini frantumati sui motorini cadaveri falciati da camion in retromarcia pozze di sangue merda e cervelletto triangolato attraversamenti pedonali carenti anzi assenti, trafiletto compiaciuto di cronaca nera e cronaca vera senza una Ilaria Cavo della suburra pasoliniana di questa Roma sconosciuta persino ai Romani, e qui sentirete una Samarcanda di lingue straniere improbabili ed esotici dialetti moldavi e calmucchi e ragazzini che quando non si frantumano contro autovetture condotte da sbronzi giocano a calcio sul selciato tirando delle mine vaganti contro il lunotto posteriore delle auto in sosta, e capita che le auto in sosta siano dei Casamonica o dei Maisto o dei Casalesi e allora i danni vengono ripagati con qualche amorevole scoppio di pistola, vendette fugaci e funamboliche incuneate nel significato mancante di questo quartiere di merda.
Le frasche e le fratte ripostiglio di trans sudamericani tossicodipendenti, schizofrenici e dalle palle sudate, variamente malati di AIDS, pullulano di topi, cimici e blatte, processioni silenziose di stronzi di cane impiastricciati sotto il cielo azzurro di un dicembre estivo - col caldo a punteggiare di scintillante sudore i nostri incubi, di noi che miriamo alle bottiglie di vino, vuote of course, gli spari echeggiano inghiottiti dall'oceano di camion e di motorini che scemano lungo Via di Tor Bella Monaca, è tutto un gorgogliante porca madonna inciso sulla fronte del Cristo transessuale, una trans ci guarda sorridendo, si sta pulendo il culo incrostato di sperma ed escrementi, ci chiede se può sparare pure lui/lei, avrei dovuto metterci un asterisco per fare contente le femministe succhiacazzi e i transgender rotti in culo, literally, noi dineghiamo sorridendo come sorriderebbe Mengele in gita a casa di Svoray, getta via il fazzoletto kleenex rossiccio di culo macaco e impreca un hijos de puta che fa, un pochino almeno, Ciudad Juarez ma senza snuff movies, senza bimboletti angeli che vagano nella notte per spaventare i sediziosi e superstiziosi carnefici, ma qui siamo a Torre Angela, in un lembo di terra frequentato solo da individui senza passato e con molto poco futuro davanti, via-vai carcerario, furgoni portavalori che confabulano improbabili rapine e favoreggiamenti personali e reali in tempi di crisi economica, basisti e camionisti e sfruttatori e puttane che vorrebbero un futuro e lo chiedono in garanzia assieme ad un cazzo albanese dipanato lungo il culo.
Nessuno mi vuole bene, cincischia e gorgoglia il mio compare di sventura ed io smanetto col cane della pistola mirando ai cani quelli veri ma non sparo perchè li vedo a forma di bottiglia ed ho rispetto per le bottiglie; la violenza contro gli animali è insensata perchè manca sempre l'extrabonus dello strazio dei parenti. A Ciudad Juarez lo sanno; i cani li massacrano per mero necessario esercizio di tecnica survivalist, ma poi nei fatti quando decidono di passare alle cose serie prendono queste donne salariate, socialmente miserabili e le fottono e torturano senza sosta.
Senza tregua.
Come meritano tutte le donne. Di Ciudad Juarez e di Torre Angela. Proponiamo un gemellaggio, dico, ma lui il mio compare illanguidito dallo spleen post-cocaina continua col volersi bene e con le chimere impossibili, ed irredimibili, di un futuro familiare che in tutta evidenza gli è negato dal suo essere un misantropo misogino gravemente disfunzionale con momenti interrati di malinconia. Fanno presa sulle donne queste cose, ma se le picchi, le donne intendo, ottieni maggiore successo - un occhio pesto vale più di dieci gioielli.
Mi chiede, hanno trovato qualche cadavere in questi paraggi ?
Scrollo la testa, non so dire precisamente di cadaveri con una personalità, gli unici che davvero mi interessino, avranno trovato e riesumato i soliti tossici con buco al braccio e laccio emostatico e limone, dio cristo ancora stiamo col limone pur vivendo nell'epoca di Strange Days e dell'Ice e della ketamina e delle bombe smozzicate nei rave, qualche puttana di poco conto carne frollata per ragion di Stato.
Se prendi come un ipotetico confine Via di Tor Bella Monaca, i quartieri di merda dell'intero quadrante si guardano in cagnesco, in un inflessibile florilegio di battaglia concettuale e storica, da un lato attacchi geografici di vie con nomi di paesi del cazzo, tipo Alberobello e Cisternino e di fronte un epos mitologico di achei e troiani redivivi con l'Iliade e l'Eneide cantate dai peli sul buco del culo di un camionista bulgaro, alle prese con i pompini sudamericani, resi unti e fritti dall'amuchina e dall'AIDS.
Fa caldo. Bevo acqua. E bevo birra. Ho la fronte imperlata di stille di sudore, potrei persino essere felice se ne avessi un qualche motivo contingente, vorrei farmi una sega ma continuo a sparare, e sono arcisicuro che uno psichiatra saprà imbastirmi un nesso relazionale tra le due cose.
Mi rompo il cazzo facilmente.
Mi distraggo. Mi disturbo. Perdo tempo, e cincischio.
Potrei morire, se me ne rimane il tempo. Ma prima ho da visitare Ciudad Juarez.