venerdì 9 dicembre 2011

Give Pap Khouma a Chance





Quanti Pap Khouma vendono bigiotteria priva di valore sotto il cielo della Stazione Termini, quanti instancabili infaticabili libertini delle moltitudini multirazziali e delle posse decantate ed inalberate da Toni Negri (nomen omen) stravaccano e bivaccano e grufolano motivetti etnici sotto i porticati corrosi, erosi, spisciazzati da cani randagi e da pusher marocchini, lungo tutto il corso di Via Giolitti, padri dell'unità d'Italia muti spettatori di pompini minorenni gang ecuadoregne e mignotte croate malate in tutta evidenza di epatite C, stereo a palla e macchine in fila tra autobus e tram e gironi danteschi con esalazioni alla stricnina e al kebab, questi Pap Khouma mi decantano la fiera appartenenza al cosmopolitismo globale della loro poetica delle tribù e persino vengono a vendermi, tentano di vendermi recte, mentre sbevazzo pessima coca-cola seduto fuori dalla Stazione assorto coi miei deplorevoli pensieri di figli morti e madri piagnucolose, libri di consapevolezza negra, libri che narrano struggenti storie di mitologia africana, romanzetti impalpabili in cui donne bianche carine e gentili e antirazziste fanno pompini, ma in metafora per non suonare gretti e sconvenienti, a questi poveri spauriti Bambi d'ebano coi cazzoni affilati e puntuti, in cerca di un futuro qui nella nostra beneamata pizzaland, tra le vie geometricamente intersecate attorno la Stazione, ho un odio profondo perchè il venditore negro mi attacca una filippica appassionata ed evidentemente finta di buonismo lancinante e di politicamente corretto, e già il fatto che lui, e tutti i suoi simili, mi chiamino fratello impone una seria riflessione a base di scrutamenti altezzosi e cinici, questo Saviano negro, questo redivivo fratello che m'ero perso da qualche parte chiede dieci euro per smerciarmi un signor romanzetto scritto da un suo fratello meno fortunato rimasto in Africa e io sorpreso e davvero contrito mi domando oh gesù perchè in Africa c'è rimasto qualcuno ? ed è triste, triste quasi quanto la farlocca prova di coraggio a cui sono stati sottoposti Ciccio e Tore i due fratellini di Gravina morti di stenti e freddo nella buca atroce e nera spalancata nel ventre del loro piccolo paese come il malevolo Nulla della Storia Infinita, una madre abbarbicata attorno impossibili certezze, tutte naturalmente sgretolate e fittizie, ed un marito tracimato sul greto della compassione, devastato da accuse impietose, cattive, impossibili da digerire da metabolizzare e da perdonare, ironia della sorte ironia nera naturalmente, come Onofri incriminato per pedopornografia e poi schiattato infartuato dopo una lagnosa via crucis di amore redimente e di buoni sentimenti, il Pap Khouma bianco della crocetta lignea - tutti questi Pap Khouma venditori e probabilmente scrittori loro stessi elargiscono aforismi di inusitata bellezza a ragazzine bianche, con la fissa dell'hip hop e della consapevolezza etnica, quella altrui altrimenti diventa razzismo, vedi crocicchi e capannelli tra le edicole di libri usati e altrettanto usato porno di Piazza dei Cinquecento e di Piazza dell'Esedra tra i caroselli furibondi di taxi e la merda degli storni a impiastricciare la fontana e il cielo rosso purpureo a specchiarsi lungo i colonnati e sui vetri degli alberghi di lusso, e giù ferita aperta in profondità Via Nazionale tra lampioni e corsie preferenziali, e i negri loro i negri e le ragazzine si amano si concupiscono, le ragazzine e relative famiglie con Gomorra sul comodino, proprio come il camorrista Zagaria, accendono la TV e la posta di Maria de Filippi e le ordalie degli Amici e i pompini sempre metaforici di Uomini & Donne e la mercificazione e Debord senza Debord, e Pap Khouma ci spiega l'hip hop che non è roba africana, ci spiega perchè siamo razzisti, e ce lo spiega anche Saviano, che straparla di sfilate vandaliche dei negri campani con toni da odalisca giacobina, probabilmente eccitato, ognuno si eccita con quel che trova e che ha, lui con gli atti di citazione della DDA e con la logorrea sifilitica, io con le catacombe di Gravina e la faccia di Pertini a Vermicino, questo fantastico carnevale del sottobosco di Termini, ora che le prime ombre della notte vanno allungandosi tra le macchine in sosta dentro cui scarne prostitute contrattano avvilenti prestazioni sessuali, e froci isolati da ogni ipotesi di integrazione sociale fanno a gara nell'incularsi e nello spompinarsi a vicenda, senza preservativi e senza metafore, perchè il trionfo dell'AIDS sia un onesto e chiaro segno di appartenenza e di identità, fist-fucking emozionale declinato in salsa tartara, anche qui con tanta merda di ispirazione diarroica, siamo proprio tutti più felici. Soli e felici.
Anzi, mi sento talmente felice da concedere persino a Pap Khouma una possibilità.
Dovrebbe avere la chance, la significativa chance di scorrere i putridi, ma sinceri, frames di Walking Toilet Bowl, di Jamie Gillis, controverso ma convincente epos di brutalità misogina e razzista, una carrellata di merda e di grugniti e di analitica decostruzione della personalità della starlette.
Bagno di Gillis.
Anonima puttana negra con imperativi interiori di confusa fame e altrettanto confusa ipotesi di elevazione sociale in punta di pornografia amatoriale.
Gillis la fa grugnire.
Come una scimmia, le dice proprio.
Brava scimmia. Continua ad insultarla in maniera bestiale e apparentemente gratuita, e lei per piccoli extra monetari rispetto alla cifra originariamente pattuita mangia una banana marcita, fa finta di spidocchiarsi, continua a grugnire, saltella come Cita, e poi dolce colpo di scena mangia masticando con quei dentoni candidi da brava negra la merda di Gillis.
Uno stronzetto con broda marroncina, e lei ci fa pure i gargarismi. Osceni meravigliosi gargarismi, celestiale messa in scena contro ogni idiozia politicamente corretta.
Mi ci scappa persino un sorriso, giusto il tempo necessario per allontanare nella maniera più avvilente possibile l'ennesimo fratello arrivato alla carica.

Nessun commento:

Posta un commento