domenica 4 dicembre 2011

Nel vortice del Caos (Termini II)


C'è una luce neon.
Opaca e sfrigolante, come un cielo rosso baluginante che va facendosi di fiamma -sfumature morenti di una ennesima giornata tra le pieghe della Stazione, corpi rinsecchiti vagolanti tra passeggeri ed insensibili uomini d'affari e una notte che sarà fredda, gelida, spazzata da un vento inondato di kebab e patatine fritte e merda di storno.
Possibilità infrante nel geometrico incastro della vita, combinazioni di una partita a poker vagamente gnostica, impassibile, senza quella fronte aggrottata, tipica di questi spacciatori di ketamina che ora ballano note sudamericane davanti Ricordi, ipotesi di multirazzialità e gang bang di ragazzine bianche sodali dell'hip hop, gergo da negri.
Oh si. Amo la parola NEGRO.
Qui assume tutto un suo specifico significato da Accademia della Crusca, bagnata di degrado e mestruazioni. Centinaia di anni di schiavitù, oppressioni, crudo e cotto, il baccello invisibile dell'antropologia marcita sotto i cuscini forniti dalla Caritas, le siringhe porno e la pedofilia che trascolora impaginata frettolosamente tra riviste porno normali.
Canoniche.
Catodiche.
Scantinati sporchi, invasi dalla muffa e adorni di divani sfasciati su cui pigolano le giunture poco oliate, e su cui giocano alla lotta omosessuali che hanno visto il fronte bellico, cazzetti e palle da succhiare nella malaugurata eventualità che la solitudine sia troppo stringente.
Forte.
Dolorosa.
Eccoli i NEGRI. Compatiti dalla società, da queste rabberciate puttane dalla fica umanitaria -invidia del pene, direbbe un Reich (e non il Terzo, ahimè, ma W., lo psichiatra saggiamente fatto finire morto d'infarto nella costrizione della sua stupidità minchiona) - giocano a carte, bevono birra e liquori caraibici, ascoltano improbabile rap terzomondiale mimando il ghetto di Los Angeles, come se la Stazione Termini fosse una estensione planimetrica e metafisica dei pueblos argillosi e dei grattacieli e di Bel Air ma senza, ahinoi, un Charles Manson.
Un Helter Skelter, senza dover arrivare al potere bianco, chè non siamo così gretti, e le note di basso slabbrato virano in drone, mentre voci metalliche annunciano partenze e ritardi, ed i NEGRI ballano, si accapigliano, infastidiscono i passanti, e le guardie private sudano e sorridono imbarazzate, e la polizia si tiene alla larga, perchè quando ti accapigli tu con un NEGRO hai perso in partenza.
In quel caso l'abuso di potere diventa ontologico.
Guilty of being white.
Non si accendono croci nel ventre elettrificato della Stazione, non si gira a cavallo incappucciati, ci si limita a bofonchiare una raminga bestemmia davanti la vetrina della profumeria, perchè il NEGRO ti ha toccato. Ipocondria razziale, macchè, semplice vestito firmato sgualcito.
E mentre il carnevale di rio zingaro si diletta nella processione senza biglietto, mentre barboni malati e scabbiosi pasteggiano con vino acido e merda, mentre mutilati freak impietosiscono il cuore gestante dei paesani giunti a Roma, i controllori fanno finta di nulla, si astraggono, si elevano e chiedono il biglietto vidimato ai pochi italiani che passino a tiro.
Per quanto sfrigolino i neon, verdi, rossi, blu, giallognoli, questi ragazzetti brilli continuano ad apparirmi, tragicamente, NEGRI.

Nessun commento:

Posta un commento