domenica 4 dicembre 2011

Frammento VII



L'amore è una malattia strana, particolare.
Me lo dice questa donna, pur senza parlare. Sta ferma, immobile, seduta con gli occhi fissi su uno schermo vuoto, le braccia paralizzate che cascano parallele al suo corpo malmesso - è stanca, spossata, stremata, sporca e puzza, dio se puzza, puzza di cancro, di sofferenza, di una deriva continua e prolungata. E nei suoi occhi grigi, insondabili, persi dietro un vaneggiamento zen scorgo scenari di solitudine e di fallimento.
Un figlio ammazzato dalla Banda della Magliana, prima che De Cataldo ne facesse masanielli di borgata ed epos per coatti troppo timidi per andare da Maria de Filippi - un cadavere frollato dai marosi, sul greto del Tevere, alla foce, crivellato di piombo e sogni infranti, per una partita mai saldata di droga, quel genere di debito che si riscuote con un decreto ingiuntivo calibro 22.
La donna è anziana, ma non vecchia e dimostra più dei suoi anni per via di uno stile di vita disordinato, caotico, disarticolato, notti insonni, lucori di obitori, verbali di riconoscimento della salma, sommarie informazioni, registratori portatili, pubblici ministeri, curiosi, giornalisti, masturbatori della criminologia.
Suo marito sta per tornare libero, dico con quel tono fintamente partecipe che mi è stato trasmesso dalla tradizione lavorativa. Può andarsene. Può lasciare questo mausoleo di promesse intentate, casa comunale sfasciata con le crepe e la muffa e i licheni e la merda sul soffitto, questo appartamento lovecraftiano sarà sostituito da un'altra tomba di edilizia popolare, in qualche dimenticato quartiere di Roma.
Ma l'amore, già, è proprio strano - perchè lei fa di no con la testa, decisa, risoluta, come un Mishima sventrato e gaudente, ha una posa ieratica sebbene non sappia cosa significhi ieratico, non sa nemmeno leggere e scrivere, però è stata fedele al marito, di una fedeltà non tanto di letto quanto di sviamenti delle indagini , di parlatoi di galera, traffici congiunti, e quel marito l'ha picchiata, brutalizzata, violentata, amata a modo suo, il modo dei lividi e dei pestoni blu, delle cicatrici e delle bottiglie spaccate in testa, dell'abuso metafisico, degli aborti causati a pugni sulla pancia, dell'alcolismo furioso, dei tramonti trascorsi al pronto soccorso a dare false generalità e ancor più false versioni della storia.
La consistenza luminosa di un enigma sofocleo trasuda dal volto incartapecorito della donna; e dove me ne vado, sussurra, dove, dove e continua quel mantra di lagnoso e piagnucolante fatalismo, famiglie in senso paramafioso che non possono perdonare il tradimento, l'allontanamento, non ci sono progetti di protezione nè treni verso Nord, ma solo un alloggio popolare messo a disposizione dalla sala operativa sociale del Comune di Roma.
Lei dice di no. Un no netto, tranchant.
Quando il marito si sarà lasciato alle spalle le mura del carcere, tornerà qui e riprenderà la sua lercia e laida routine, e lei, la donna innamorata che scrolla le spalle con disincanto, riprenderà ad amarlo, come se non fosse successo nulla.

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