mercoledì 7 dicembre 2011

Inconsistenza







"Da quattro mesi provava odio nei confronti della famiglia, che continuava a parlare male di questa ragazza, dolcissima nei suoi confronti. Anche la sera precedente la strage avevano parlato male di lei, affermando tra l'altro - è negra- " (dalla sentenza di condanna di Elia del Grande, citata in "Gli Sterminatori", di A. Zappalà, CSE)
Il rap è musica per fascisti negri. Me lo sussurro da solo nel molteplice crogiolarmi della mia, latente, schizofrenia - attorno un neon lumeggia ciò che resta di uno spogliarello, trascorro serate di lurida epifania pagando e pagando cara la mia insonne lotta contro la noia.
A Cioran, l'insonnia costò "Al Culmine della Disperazione", a De Niro un lavoro da tassista e una campagna elettorale di pulizia etnica, a me invece costringe a girovagare senza meta nel deserto elettrificato di Roma, per tangenti e tangenziali e strade consolari, sotto pendici burrose di verde pasturato, sopra rovine augustee che stanno franando vittime del peso dei tagli ministeriali e dei sinistri rimpalli di responsabilità tra sfera di competenza comunale e sfera statale, vedo campagne da disastro ambientale, pianti di donne ferme a mangiare salsiccia e bere coca-cola alle tre di notte, la movida, le risse, vedo e guardo e mi sento un relitto un naufrago una monade impazzita e isolata, chiuso in me stesso senza parole.
Ho dei beat ipertrofici e una voce negra che canta di nazionalismo etnico, di epidermide, di caos e visioni telluriche, e mi fermo a prendere una boccata d'aria contemplando la cellulite sulle gambe della bosniaca, ha appena terminato di estroflettere le sue grandi labbra con un massaggio ayurvedico da dildo, mentre gli occhi di avventori e proprietari ondeggiano e luccicano, meno dei neon blu e rossi ma pur sempre tanto, mondezzari AMA finiscono di raccogliere dei sacchi neri e delle bottiglie impilate da un fardello hip hopper bianco scrivano di vaghe rime metropolitane, spacciatore in sedicesimo e battute sincopate e rime prive di mordente, progressista disperso tra Gramsci e il Forte Prenestino e altri centri sociali che coltivano, oltre alla droga sia sempre benedetta in tutte le sue molteplici varianti di darwinismo sociale, la mitologia di una musica negra buona.
Gentile.
Indolore.
Come il dub giamaicano fieramente intonato da misogini omofobi, ma tollerabili in quanto negri.
Ferdinando Carretta ha ammazzato i suoi genitori non per improbabili eredità, non per vanto, ma per paura; paura di non poter più cagare in salotto, o di pisciare dentro un bicchiere di cristallo, come era solito fare in un impeto di libertaria follia costruttiva. Non ho mai ammazzato i miei genitori ma suppongo che la merda sia sacra...e che se Ferdinando Carretta fosse stato negro, qualche giustificazione l'avrebbero trovata.
Di notte, sia chiaro, ho degli incubi. Anche se non dormo.
Incubi lucidi, ad occhi aperti - con la mente instabile che emette ed emana secrezioni di odio allo stadio più puro, odio contro chi mi circonda e contro me stesso.
L'ennesimo film porno, l'ennesima scintilla sessualmente decadente e mercantile di un peep show in compagnia di zombie antropologicamente risibili, l'ennesima contemplazione dell'esistente in forma di aforisma, il puzzle onomatopeico di casi di cronaca nera tra loro combinati, voglio immaginare Silvestro delle Cave ucciso sulla Casilina dalla Franzoni e poi Erika intenta a girare film porno in compagnia di Michele Misseri, una congerie masturbatoria ed affabulatoria che assomma come un magma ribollente la creazione e la distruzione.
Erika e la pedopornografia processualmente incerta di Alberto Stasi.
Erika e le gang bang mediatiche di Misseri - da contadino rozzo in stile porno tedesco older ad intellettuale da "cuore nel pozzo", con rivendicazioni e cazzo a stento represso nelle mutande con le furibonde groupies a reclamare la parità dei sessi, e tutti ma proprio tutti da Barbara d'Urso a Salvo Sottile, sempre corrucciato ed impettito e di tre quarti, ad umettarsi le labbra col metaforico sperma di Avetrana.
Ferdinando Carretta e la chiesa col cadavere di Elisa Claps, tanto la chiesa non paga l'ICI, pagasse almeno il condono tombale - così da liberare per quanto possibile Danilo Restivo e dargli la possibilità di andare in tour con Douglas P., di cui è evidentemente il fratello gemello mai dichiarato, entrambi io credo torturatori di donne vicine di casa.
Il Vangelo dice "non crediate che io sia venuto a portare la pace nel mondo - non sono venuto a portare la pace, ma la spada" (Matteo, 10, 34), e Misseri porta la cordicella mentre il flash dei fotografi catechizza la madre di Sarah Scazzi, tutti portiamo la spada dall'arrotino e dal Bushido trionfante, col silenzio dell'animo gelido e psicotico, soprattutto io la notte quando giro per locali porno. Sempre di meno numericamente, sempre più cari e nascosti.
Ficcherei volentieri una spada nella fica di questa inconsistente spogliarellista, tanto per vedere l'effetto che fa. Tanto per crogiolarmi nella mia insonne e atavica boria.
Dare un senso definitivo al concetto di colpevole, ridonargli della dignità, non smerdarmi come un Raffaele Sollecito qualunque, la galera da innocente dice lui è terribile, ma c'è di peggio.
C'è davvero di peggio; la libertà da colpevole, ad esempio.

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