domenica 18 dicembre 2011

Oscuro e Convincente; una intervista con PETER SOTOS





Frammenti di un dialogo, lungo, vorace, inesausto e per alcuni anni ininterrotto intercorso tra me e  quello che è a tutti gli effetti lo scrittore contemporaneo più lucido ed efficace, Peter Sotos appunto - interviste e scambi di email e di materiali tra il 2003 e il 2005.



Hai dichiarato molte volte che la tua opera è un modo per parlare della realtà (basterebbe pensare alla fine di INDEX, nella quale si fa più volte riferimento all’appropriazione della realtà) e un tentativo di poter aprire una porta di accesso alla realtà medesima. Vorrei sapere quale è il tuo concetto di realtà e per quale motivo reputi così importante scrivere di questo particolare soggetto.

Per essere precisi, io descrivo la realtà degli altri, delle persone che conosco o di cui ho incrociato la strada o anche di quelle la cui personalità emerge dai mass media e dalla cronaca, nel tentativo di comprendere quale è la reale differenza tra ciò che è stato scritto e detto su di loro e ciò che invece io vedo, percepisco, sento. Le mie peculiari reazioni. Ciò che cerco. Vorrei, e non puoi capire quanto, che le mie parole riflettessero nella maniera più piena e completa ed adeguata la situazione come viene descritta nel suo evolversi quotidiano, sfrondata di commenti moralistici. Una volta che ho posto in essere questo procedimento, mi limito a vedere se essa collima con la piccola, ristretta realtà che ho deciso di vivere, accettare, desiderare.

A partire dalla tua affiliazione con la Creation, i libri hanno intensificato la loro struttura di cut up, mescolando tra loro letteratura true crime, pornografia, tuoi commenti sulla cultura underground, sulla musica, clips di giornali, il tuo stile di vita e il concetto che hai del mondo e della società in cui viviamo. Ho davvero l’impressione che i tuoi libri siano, da questo punto di vista, i degni eredi spirituali ed intellettuali di quelli di Sade, proprio per lo sforzo di descrivere la natura umana . E’ possibile asserire che stupro e pornografia e violenza rappresentano osservatori privilegiati ?

 Stupro ? Certamente no. La violenza è un concetto di enorme portata e deve essere ricondotta a quelle che sono le sue fisiologiche estrinsecazioni e i suoi aspetti quotidiani. Parlando in assoluto, per concetti teorici, si rischia sempre di erigere una filosofia che da questo punto di vista sarebbe davvero fallace. E lo stupro è uno di questi aspetti. E’ impossibile affermare che tutti noi condividiamo la stessa realtà o natura, questo genere di concezioni derivano dal ridicolo e abietto concetto di anima. E per quel che concerne la pornografia ho l’impressione che alcuni film realizzati in passato abbiano contenuto un approccio molto più radicale e veritiero alla realtà di quanto non lasciassero intendere i soliti, stupidi slogan pubblicitari. Mi piace quando ciò succede e puoi scommetterci che mi do veramente da fare per trovare esempi lampanti di genio come questi...

Il cineasta underground Mark Hejnar ha girato un film con lo stesso titolo e in cui tu fornisci perversi commenti su immagini di bambini morti ammazzati o afflitti da gravi handicap psichici. Sfortunatamente non ho avuto modo di vederlo. Potresti fornirmene una breve descrizione e dirmi che ne pensi in generale del lavoro di Hejnar ? Ti piacciono i suoi altri film ?

Il film va interamente visto come un prodotto di Mark. Effettivamente non ha nulla di mio se non quei commenti che citavi. Si tratta di punti vista che ho potuto esprimere mentre ero davvero sbronzo, guardando quelle immagini che scorrevano in video e così Mark ha deciso di aggiungerli al film vero e proprio. Per il resto, tanto per la parte audio che per quella video, si tratta di scelte interamente devolute al gusto e alla perizia di Mark. Non lo considero una parte della mia personale storia, o delle mie opere. E nessun altro dovrebbe credere che invece lo sia. Non ce ne sarebbe davvero il motivo, dammi retta. Per quanto riguarda l’opera di Mark, lui ha interessi e punti di vista che risultano palesemente diversi dai miei, ma nonostante ciò sono un grande fan dei suoi passati lavori. Ha lavorato con freak e falliti e pagliacci di ogni risma eppure ha sempre dato un tocco davvero sincero e personale al suo film-making.

Ma è vero che esiste un film o una piece teatrale ispirata a Index ?

Non erri, non erri. C’è una realizzazione teatrale francese basata sul testo di Index e portata avanti da Lucille Calmel e dalla Compagnia teatrale Myrtilles. Non l’ho mai vista. Però ho avuto occasione di parlare con Miss Calmel per telefono, di sera, mentre mi trovavo in una stanza di albergo a Parigi e devo confessarti di essermi divertito parecchio. Pensa che fino a quel momento non mi ero ancora accorto che gran parte dei preservativi in Francia fossero di colore rosa...

Ho sentito dire che hai redatto l’introduzione per Pure Filth, il libro di Jamie Gillis.

Il libro rispecchia interamente la visione di Jamie. Mi sono semplicemente limitato a fornire dei commenti su alcuni suoi particolari film, che se poi vai a vedere bene costituiscono una porzione infinitesimale della sua carriera di regista e di produttore. Quell’introduzione è stata scritta mentre componevo la postfazione per il libro di Ian Brady , e magari puoi anche vedere una qualche interrelazione tra i due testi. Jamie Gillis è una delle persone più interessanti e carismatiche che io abbia mai avuto la fortuna di conoscere personalmente. La sua intelligenza si riflette molto spesso nei suoi film, specialmente nelle idee sottese a On the Prowl.

E’ interessante notare come tutti gli autori che la morale e i critici classificano come pervertiti godano di una onestà intellettuale molto maggiore di quella che scrittori politicamente corretti potrebbero sognarsi. Mi riferisco ai vari Bruce Benderson, Boyd McDonald, e lo stesso Dennis Cooper. Credi che l’eventualità di essere catalogati come pervertiti dia la possibilità di dire sempre e comunque la terribile, brutale verità ?

In un certo senso è possibile, anche se si è relegati in un limbo di non distribuzione e questa verità di cui parli nella domanda , presunta o reale che sia, la comunichi a pochissime persone. Ad ogni modo non mi lamento. Non me ne frega niente di vendere moltissime copie ad una audience distratta e con gusti mainstream. Non mi curo delle pubblicità o della visibilità del prodotto.

Gran parte dei tuoi ultimi scritti, saggistici e narrativi, sembrano essere focalizzati sulla figura di Thomas Watt Hamilton, l’insegnante pedofilo scozzese che ha ucciso a colpi d’arma da fuoco 17 tra ragazzini e insegnanti in una scuola di Dunblane per poi ammazzarsi . C’è l’articolo nel libro Straight to Hell (interamente dedicato ai suicidi celebri, da Hitler a Mishima, passando per Marilyn Monroe e Kurt Cobain) e un intero, nuovo romanzo, Predicate, che dovrebbe uscire per i tipi della Creation Books. Che cosa ti affascina di Hamilton ? Puoi fornirmi qualche anticipazione su Predicate ?

In termini schiettamente pragmatici, non si può non pensare quanto schifosa fosse la vita di Hamilton. Quella disperazione tipica di un depravato di provincia cui l’accesso a capriccetti e perversioni era negato in radice dalla situazione. In un certo senso, Hamilton ha vissuto una vita da cui ha ottenuto perfino meno di quanto un comune depravato urbano possa ottenere o sperare di ottenere. Predicate ha molto a che fare anche con David Westerfield. L’articolo in Straight to Hell è una sorta di abbozzo per la stesura di quello che effettivamente sarà Predicate, e devo ringraziare l’inestimabile supporto di Jack Hunter da questo punto di vista, soprattutto per la cura dell’editing che come sai non ha mai avuto una grande valenza nelle mie opere. Direi che questo è l’unico caso in cui l’editing ha aggiunto valore a ciò che scrivo. Se dovessi provare ad azzardare il motivo di questo successo, direi che probabilmente dipende dal tentativo di Jack di inchiodare la mia attenzione su di un tema in particolare. Il libro, anche per le intuibili maggiori possibilità offerte dallo spazio, analizza al solito modo Hamilton e lo rende pretesto per divagazioni meta-sessuali e per le solite scene di pompini e sessualità deviata.

Già che siamo in tema, che mi dici di Westley Allan Dodd, il maniaco pedofilo i cui crimini fanno apparire Dutroux un innocuo timidone ? Negli ultimi tuoi libri ho trovato un incremento sensibile della sua presenza e di estratti dal suo incredibile diario, che è stato integralmente pubblicato all’interno di Driven to Kill, il libro di Gary King e all’interno di When the Monster Comes Out the Closet, di John Rose.

Volendo tracciare un ideale parallelismo tra Dodd e Hamilton direi che la caratteristica saliente, e in certo senso comune, è stato il tentativo di razionalizzare i loro gusti, i loro piaceri, e di andarsene poi in strada a caccia, ognuno con i suoi modi, le sue tattiche e tecniche e idiosincrasie. Dodd, però, essendo stato catturato e incarcerato, a differenza di Hamilton che si è fracassato il cranio dopo la strage in palestra, è diventato una figura tragica, con tutti i suoi pentimenti e scritture oscene ma francamente divertenti e dolore interiore. Hamilton ha passato il suo inferno personale in casa, dove, come penso saprai, girava nudo, circondato dalle foto dei bambini, foto che egli stesso, in qualità di capo scout, aveva scattato e avidamente collezionato, fino al giorno del suo cortocircuito emotivo. In comune hanno avuto il background di frustrazione, solitudine, deprivazione, manie sessuali ossessive. Credo che Dodd abbia tratti maggiormente similari a quelli di serial killer e molestatori di bambini, i vari Gacy, Eyler, Corll. Hamilton invece era più che altro un masturbatore solitario, e le modalità tecniche del massacro che ha posto in essere confermano il caos inarticolato che aveva dentro.

Chiudiamo rimanendo, in certo senso, nel campo delle influenze. Nei tuoi testi hai sempre scritto pareri e opinioni e gusti anche in fatto di espressione artistica. Ricordo quanto hai scritto su Hermann Nitsch, Trevor Brown, Sally Mann, Nobuyoshi Araki, Jock Sturgis. Così mi chiedo e ti chiedo quale sia il tuo approccio nei confronti dell’arte e quali i tuoi artisti preferiti .

Al momento, il fotografo francese Antoine D’Agata. Comfort & Critique, il libro che sarà pubblicato a Maggio dalla Void Books, finisce con un forte apprezzamento per Theodore Frank. Davvero, non riesco a farmi venire in mente un artista che riesca a stare al passo di Frank per quanto riguarda potenza espressiva e impatto, lui è in grado di colpirti emozionalmente. Più in generale cerco autori che abbiano una loro voce specifica, il che non significa che debbano per forza essere originali, mi basta che abbiano un certo senso estetico individuale, da non condividere con movimenti o associazioni. La creatività, quando si nutre di urgenze emozionali istintive e sincere, diventa un nuovo linguaggio. E l’Arte non può che essere così.

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