lunedì 2 gennaio 2012

Kinski a San Basilio




Hai una bella faccia tosta a volermi venire a parlare.
Ti vedo macilento e disossato come un malato di aids allo stadio terminale, un frequentatore compulsivo dell’Inferno orgia sudata notturna di maschi al calor bianco tra claustrofobiche atmosfere di poca illuminazione e blatte in mistica processione guidate dal puzzo marcio lercio sinuoso ed ellittico della cucina dentro cui pasteggiano due molossi, e dentro cui un cuoco e uno scrivano attendente al soglio dello sperma si spompinano a vicenda in conformazione dantesca e pasoliniana, affresco di strada segmento di tangenziale e tangente popolata di corruzione morale e trans che passano trascolorano come efebici ragazzini nebbiosi adombrati di luci morenti, un tramonto purpureo a gorgo e a strapiombo spezzato come l’armonico riflusso dell’esistenza, un ultimo orizzonte, un ultimo caos, pacche sulle spalle e cazzi in culo, il marciapiede scortecciato e puntellato con ferri e piombini e nastrato giallo bello spesso due quattro cinque mandate e giri di nastro e la folla assiste allo spettacolo vecchio caduto a faccia in avanti setto nasale proprio frantumato grida e bestemmie assortite e sangue che oleoso e poroso e rossino si spande virale finendo poi sparato sul margine destro della carreggiata dove spuntava un tempo il palo dell’illuminazione pubblica, scopiamo urlacchiano i froci a notte fonda chiusi nella loro camelot merlata tre quattro stanze e camerini ingombri di corpi e di calzini bianchi screziati di sudore e merda e un ginepraio di barbe e peli pubici in libera uscita su bocche distolte dalla primaria occupazione spompinante e distorte arricciate in un sardonico, vagamente satanico ghigno contrito di orgasmo negato, chi dona chi riceve chi va e chi viene, soprattutto venire, partire è un po’ morire la piccola morte nonostante le prominenti e barbose e pelose cariatidi e i capelli radi bianchi malati, commenti sull’ultimo viaggio e quel ragazzino quel suo amore di gargarismi spermicidi e farmaci antiaids, convivo col male, ci convivo, come un penitente in sordina a confessarmi davanti canossa e in supplice conviviale ultima abbuffata.
Giungiamo tutti a consistere di questo presente, facciamoci fiamma, borbotta quel ciccione, quel panzone butterato coi brufoli e le pustole ed il sarcoma bene in evidenza, come una medaglia al merito degli inculatori furiosi, cesellatore di vite rovinate senza alone violaceo ma farmacia notturna da presidiare ed urla disumane e dolore gelido a conficcarsi su per il retto, ospedalizzazioni di corsa con quell’autoambulanza di cui odora la consistenza perlacea, il suono della sirena metropolitana e i semafori bruciati e il vortice delle luci delle macchine delle presenze aliene che vede scivolare fuori quando riesce a tirarsi su e ad assicurare che sta bene, ce la fa, salvo poi tornare ad ululare come un lupo mannaro durante le strazianti fasi di una metamorfosi.
Cosa devi dirmi ? Di così urgente, intendo.
Il fatto che tu stia crepando di aids non rende la cosa più urgente, più degna di essere affrontata e dibattuta. Per me sei meno di questo tocco di merda che fortunatamente ho evitato, questo fungo di cacca bitorzoluta. C’è Klaus Kinski nei tuoi pensieri, lo so – il tuo cazzo di passato da attorucolo di serie Z, un paio di film horror, tre spaghetti-western, l’amicizia malata in senso letterale col poeta Dario Bellezza, ma devo disilluderti, spesso mi tocca questo ruolo dravidiano di cinico e lucido cantore della realtà per quanto io stesso sia completamente, inevitabilmente dissociato – devo farti presente che non sei un artista, che la tua casa invasa di fogli di giornale di vomito e di mosche appiccicate ai vetri che nessuno lava da circa due anni è solo tragico retaggio dei tuoi genitori defunti, di quella eredità indegna appunto, devo farti male per erigere il senso profondo della tua autostima. A chi mai può importare, dio cristo, se il tuo senso di fratellanza e di relazione amorosa implica il farsi cagare in bocca e sulla pancia, questa condivisione marrone di potere, questo scambio intellettuale in punta di stronzo – credi che Klaus Kinski avrebbe apprezzato questo tuo stile di vita ? No, lo sappiamo entrambi. Quando diceva “sei uno sporco ebreo e un tedesco non può stringere la mano ad uno sporco ebreo”, segnava la fase ultima e totalitaria del suo disprezzo per il genere umano, la nichilistica presa di posizione della follia abbacinante e vaticinante, e tu, integratissimo frocio artisticamente propenso alla comunicazione non verbale coi cazzi nel culo, ti saresti al massimo pigliato qualche sputazzo, ma non di quelli partecipi e felici, non di quelli amorevoli e froci, intendo proprio gli sputi di disprezzo, quel moto gelido e altero, quello sguardo feroce da Aguirre che conquista territori vergini, quindi insoddisfatto e rovinato torna pure ai tuoi parties incularelli del venerdi sera, alla tua trasgressione posticcia da decerebrato.
Non abbiamo più nulla da dirci.

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