mercoledì 4 gennaio 2012

Queste mie mani




Non sei poi così diverso da me, dice.
Con quella sua voce roca, impastata di catarro, tabacco e cancro. Ti formalizzi solo perché sono un frocio? Un disgustoso pedofilo con le rughe di sperma e di scabbia istoriate in faccia? Un rotto in culo che fa gargarismi e borbottii e ragnatele di pus ?
Queste mie mani hanno scartabellato più copertine di film porno di quante tu possa solo lontanamente immaginare, queste mie mani hanno dato piacere a tanti vecchi ragazzi padri di famiglia eterosessuali curiosi desiderosi di riaccendere il senso profondo, e malato, delle loro esistenze, queste mie mani callose sporche segnate dal peso insostenibile della mia vita di solitudine, di questo quotidiano olocausto di tramonti e medicina e farmaci antidepressivi e lacrime e disforia, hanno stretto altre mani tra i soppalchi nelle cantine sui divani sfasciati e luridi, hanno smerciato droga e condotto il mio corpo macilento lungo invisibili direttrici scomparse nel ventre neon di Roma, per Via Marsala, per Via Giolitti, per via Magenta, marciapiedi ingombri di sacchi neri e merda e furgoni posteggiati in doppia fila. Queste mie mani hanno carezzato bambini la domenica, comprando pastarelle alla panna e alla frutta, hanno coccolato nipotine e minchioni di strada, hanno languidamente accompagnato al funerale mia madre con quell’ultimo disperato tocco di amore nichilistico e filiale – queste mie mani sono come le tue, frugano, scovano, assillano la scenografia di cazzi in culo che popola questa stamberga chiamata, informalmente, edicola, sfuggono le altre mani, evitano ogni genere di contatto, si inabissano tra le vhs e i dvd tra gli animali spompinati da tossiche allo stadio terminale e negre sieropositive legate a improbabili croci di sant’andrea.
Un fascio di luce rossiccia si incanala sui suoi lineamenti grevi, sottolineandoli come un arazzo di Bayeux, ideato in un club sadomaso frequentato da Bosch e da qualche inconsistente esegeta degli escrementi in bocca.
Sono solo, continua, voglio la morte, la reclamo, la bramo, ma non ho mai avuto il coraggio di dare un taglio a questa mia routine fangosa, non posso esimermi la sera, dopo una cena frugale e consumata guardando la distruzione del mondo ai TG, di prendere il cappotto fumare tre o quattro sigarette scolare un buon bicchiere di scotch e poi venirmene qui a guardare i ragazzini ucraini con le madri troppo truccate, i froci che fanno finta di pascolare i loro cagnolini di merda, i borgatari marchettari e i travestiti, un dipinto scolorito dal sapore pasoliniano che si trascina stancamente sotto i portici di marmo le fontane il gorgogliare scurito dell’acqua e i tramonti insensati rossi borbottanti di aerei e storni scagolanti e un panorama cupo tetro d’inferno di corpi malati e carni marcescenti, i taxi e gli autobus sbarco in Normandia di preti infoiati coi cazzi tenuti a stento tra le mutande baciano efebiche bocche di ragazzini rom stanze ad ore di alberghetti gestiti da ciechi, non vedono ma nemmeno sentono le assi del letto fatte scricchiolare sotto colpi di frusta e le urla dei ragazzini, preti che non riescono nemmeno a venire non hanno sperma quel poco rimasto ormai essiccato nel nome di dio in croce per l’eucaristia da celebrare quasi ogni sera nel culo di un minorenne sporco e zingaro.
Sono solo ed osceno.
Me lo dico ogni giorno, ogni santo giorno che dio manda sulla terra, ogni giorno che devo passare nudo sul letto a masturbarmi, tenendomi il cazzo molle tra le dita con un profondo senso di disgusto conficcato nelle viscere, con compassione e solitudine e asfissia, meno il mio cazzo senza alcuna forma di vera eccitazione, pura coazione a ripetere che non oso nemmeno definire sessuale. Non c’è scambio, relazione, non c’è amore, sentimento, nulla, solo un vuoto cosmico ed insondabile, una desolata terra di nessuno popolata di spettri e sadomaso.
Per questo ho preso a frequentare, come rito domenicale, le saune aperte a ventaglio qui attorno, a farmi spompinare da maschioni rudi e galeotti nel calore nebbioso degli spogliatoi, è un gioco divertente, un gioco di ruoli e potere e di guarigione, cazzi taumaturghi chiamati a lenire il peso della nostra solitudine, e vedi già il fatto che possa dire nostra, questa comunione di intenti scoperecci, non c’è personalità certo quello no non instauriamo relazioni ma solo sesso promiscuo ma è uno scopo, avere qualcosa da fare un pensiero che non sia il farla finita – queste saune sporche e oscure, lievemente irrorate di luci alogene, gironi bestiali di corpi nudi sudati che si aggrovigliano attorno a cazzi malati, si, lo devo dire, con l’aids ormai mi sento meno solo, le medicazioni, i controlli, i viaggi della speranza al centro malattie infettive, i colloqui psichiatrici, stare seduti sul bus e guardare la vita attorno come fosse un documentario di piero angela con i rituali borghesi di corteggiamento e le vecchie ciarliere, con l’aids io sono parte di qualcosa di grande, di bello, di potente, è il coronamento di un sogno, e quando vedo il sangue striare le mie feci, quando sento il cervello andarmi in pezzi benedico il cielo perché sto morendo e sto morendo dopo aver fatto quel che volevo, non sarò l’ennesimo patetico suicida trafiletto di cronaca nera finito ad ornare una pagina particolarmente stupida tra nozze VIP e qualche merdoso cold case.
Tienilo sempre a mente, amico mio.

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