domenica 15 gennaio 2012

NERO





Inoperoso ed inattivo barcollo verso una privazione ancora maggiore, dicendomi che l’unica vera salvezza è la compulsiva tendenza alla comprensione, come cinico penitente e sadhu rinunciante con le carni chiazzate e arrostite di un cadavere sullo smashan pire funerarie accese di fuochi rossi a picco sullo scorrere muto del Gange ma qui siamo a Via Ostiense mentre l’elettricità sinuosa della Louisiana gorgoglia un sorriso muto, accampamenti massicci di zingari e centri sociali e la prefettura grigia di un grigio assoluto con gli uffici stretti pertugi di anomia lavorativa, sei un fallito dico stridente e incattivito dallo spettacolo new age sei un fallito un miserabile un profittatore nemico del degrado e lui mi guarda prima con pietà, quella pietà che si accorda agli sbronzi e ai traditori della patria, poi con crescente fastidio, invece le ragazze insalamate disfunzionali e stupide e naturalmente ciccione, ragazze che cercano redenzione nella sublimazione perché nessuno ficcherebbe mai un cazzo tra le loro ballonzolanti pieghe sudate, prendono le difese del loro padrone e maestro e guru supremo emettendo sibili da pipistrello obeso, voi potete anche succhiarmi il cazzo ma solo in metafora, bofonchio, solo in metafora capito? perché per quanto insulso e degradato io sia le vostre bocche sporche di panna e pop corn mi fanno cagare, preferirei farmi spompinare da un camionista cingalese con l’eczema e il vaiolo sulle labbra, il padrone capo il bondager dall’aspetto minchione non può credere alle sue orecchie, naturalmente sporche naturalmente impermeabili all’intelligenza, c’è liberazione sovrastrutturale in questi aghi ipodermici conficcati in queste elucubrazioni da studente fuori sede con psicologo a carico della mutua e i libri sbagliati, leggi troppi libri come dice mio padre leggi troppi libri sbagliati, la sofferenza è sofferenza non ci girare attorno, soffriamo tutti assieme, dandoci pugni calci, vorrei essere muto certe volte, non per paura delle conseguenze ma per timore della dialettica, il tragico e fatale errore di accettare un dialogo coi casi umani, troppi drinks eh fa lui tentandola sullo spiritoso ma la puzza della sua pancia e lo sguardo morto dei suoi occhi e le arpie alle sue spalle ancora mezze legate ancora sudatissime e puzzolenti come un carico di balene andate a male mi fanno capire che non c’è possibilità di ironia, di sarcasmo, la provocazione è roba per froci, la provocazione va bene se sei Fabio Volo ed ok diciamolo ammettiamolo porco dio prendi quel microfono e riempi questa stanza sporca e rossiccia e affollata di miserie antropologiche dillo a tutti cosa sei quali inadeguatezze ti portano a far finta di ascoltare drone a comprare cd senza nemmeno scartarli a piangere chiuso in cameretta ad ascoltare Tiziano Ferro drone per essere tendenzialmente appetibile dillo a tutti cosa te ne fai del bondage e di questa professione, non potevi laurearti come tutti in scienze della comunicazione e rimanere disoccupato o spacciare droga? sarebbe stato meglio, sarebbe stato più vero e sincero e genuino del sentirti elargire stronzate di coccole sotto forma di sadismo, sono l’ultimo rimasto del mio plotone perché gli altri capita l’antifona se ne stanno a bere al banco di alabastro c’è sempre un banco di alabastro quando sei ad un passo dal tracollo vorrei vomitare piangere e suicidarlo suicidarlo come una epitome di lardo e puzza sono l’epigrafe di me stesso un sepolcro imbiancato ma non di cocaina se vado nei bagni tutti inalano qualcosa fanno inalazioni di scorreggia e droga qualunque droga perché stanno ancora fermi a Timothy Leary e Spiral Tribe e a simili facezie non nichilistiche, ma io vi darei gli Avvicinamenti di Junger comprensivi di bombe a mano corpo a corpo e diarrea da trincea quel sentimento immoto che ti sconvolge lo stomaco mentre la pioggia batte forte e tutto attorno è solo nebbia, è solo negazione della vita e scoppiano colpi d’artiglieria, la morte è un cadavere crivellato non un viaggio di acidi in california, prendetevi il pacchetto completo se volete essere coerenti, io muoio muoio ogni sera ogni volta che mi trovo vicino a queste merdosità complessità non lineari questi palazzi bassi e cupi rovinati dalla solita fila di avventori di esteti del degrado di quello plastico finto poco poco sporcato dalla cacca secca, vorrei un gorgo nero un gorgo caotico di morte una resa dei conti un ragnarok senza cavalcate e senza napalm, certi odori sono buoni ma quello della stupidità non lo è mai, Charles Gatewood si sta rivoltanto nella tomba anche se non è ancora morto, tu uccidi quell’uomo come disse il giudice al  boia il giorno dell’esecuzione di Peter Kurten, non avrai una pensione facendo bondage ma potrai rimediare quella umana compassione che il mio nichilismo ti ha sempre negato, chi credi di essere mi domandi con voce sozza ed insolente quella voce per cui una volta ci si sfidava a duello lasciandosi belle pacche cicatrizzate in faccia, al professore di diritto commerciale lo dissi la conoscenza senza cicatrici è solo rumore ma quello fece spallucce e tornò ad illustrarmi l’ammortamento, l’ammortamento che nella sua estensione planimetrica giuridica è una morte, una congiura, un pugnale per espungere e disossare, ma lui queste cose non ce le vedeva ce le vedevo solo io, ad aprire il manuale e leggerci dentro di fondamentali cadute verticali persino sulle cambiali, tu sei un bondager ammortato, inutile, indispettito, leso nella sua residua dignità, nel suo orgoglio evidentemente sovrappeso, ma cosa ti ho mai fatto, esisti, ecco cosa mi hai fatto, esisti e produci stupidità, io, continuo, io sono sempre felice quando sono in compagnia di me stesso, quando penso alla madre di Aiko Koo e alle lezioni di danza già pagate nessuno dovrebbe pagare lezioni di danza in anticipo se in giro c’è Edmund Kemper, la morte per tortura, quella cazzo di testa asiatica decapitata sul cruscotto guidando attraverso il confine come suprema sfida, dai fallo, gli dico, fallo anche tu, andiamo tutti a morire da qualche parte come sfida come ordalia come giudizio di dio, non dirmi che hai letto Nietzsche perché altrimenti non staresti qui a proporre nodi giapponesi e a spacciarti per sensei una ipotetica ricontestualizzazione di Karate Kid sadomaso, la madre di Aiko Koo e quella di Elisa Claps e quella di Silvestro delle Cave redigo meticolose classifiche del dolore hit-parade dello strazio familiare, chi impazzisce prima chi impazzisce meglio chi impazzisce in maniera totale ed abbacinante una visione che chiarifica il senso dell’esistenza, cerco un dolore che è anche il mio, ma tu non puoi capirlo maledetto ciccione vomitato fuori da un cerbero senza microchip.


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