lunedì 2 gennaio 2012

SULFUREO




Troppo nazista questo drappo ?
Troppo sulfureo?
Può andare, ma attento ai riflessi sulla telecamera, attento a quell’artigliante bargiglio bianchiccio che si riflette come un neon dritto dentro al cervelletto istupidito dello spettatore, criminologi senza isola magica senza tesoro ma mutilati esibiti a beneficio delle casalinghe sgrillettanti, sbavanti e masturbatorie. Ramazzando il garage ne è emersa una scena disabilitata da sadomaso povero, molto scarno e demente, abortito come un rutto di provincia, e noi che siamo l’elite organizzativa possiamo permetterci critiche e commenti ironici, sarcastici sulle donne violentate, il prezzo della benzina, le accise, il povero gusto e l’incapacità di parcheggiare e cazzo progressista ficcato ben bene nel culo, sfintere sanguinante e violentato, oh cazzo dice lui ma secondo te che gusto c’è a stuprare una se manco puoi farti fare un pompino, un pompino stuprando in effetti è dura, dura quanto il cazzo mutato in macilento vagone ferrato, serra e digrigna i denti in un ribellistico moto di disgusto e ti amputa l’uccello dio cristo manco voglio pensarci e mi trascino il drappo lasciandolo a inarticolate considerazioni glaciali su un pube insanguinato e su un cazzo troncato, denti e sangue e bava e sperma, eros e thanatos, un insospettabile, diranno, quanto ci giochiamo ?
Non è quotato alla SNAI – circo autoreferenziale di banalità, ma per vendere meglio devi compatire il povero senso estetico dei tuoi lettori, diranno sicuramente che era un insospettabile, un quivis de populo, povere vittime, lo abbiamo assicurato alla giustizia, prigione, finalismo rieducativo della pena e dettagli pornografici di violenza, sadomaso giornalistico lo stupro vende abbastanza bene meno di un tempo perché ormai vai su internet e ti trovi arabi che decapitano ucraini che pasteggiano a barboni sfigurati e mangia merda compulsivi e tutta una sequenza di violenza sfrontata, su su non cianciare vuotamente, condividi questa mia analisi, quale analisi ? quella sulla intrinseca frustrazione emozionale, sulla insufficienza relazionale esistenziale sociale del povero stupratore, povero stupratore, sorride sogghigna pagherei oro per sentirtelo dire mentre il barbuto intesse il peana della donna vittima eterna, si si povero stupratore, frullato in questo minestrone uomo-oggetto venduto e processato a mezzo mediatico, che gran brutta cosa una volta Karl Berg parlava di Kurten o Lessing scriveva su Haarmann, adesso che ci rimane se non un Bruno Vespa butterato in vena di litanie cenciose, cosa ne è di quel potere inflitto dolorosamente di quella introspezione, tu le donne devi proprio odiarle porca miseria, ma no, non voglio essere frainteso, non sto dicendo quello, io sto dicendo che la vittima è una persona e quello strazio merita di essere raccontato, per goderne meglio, per venire in un copioso fiume di rugiada spermatica, perché la donna sarà pure una vittima eterna e incapace di intendere e di volere come lasciano presagire questi tutori della morale comune, ma io la vedo in maniera diversa.
Quale maniera, di grazia. Non c’è grazia..
Ma sofferenza, quella si.
Il cazzo si arriccia nella bocca, ed il disgusto è vero, mettiamo anche criminal profiling, quello del comodino?, esatto, un tocco di malevolo cattivo gusto, quindi propenderei per il si, sono così prevedibile ormai caricatura di me stesso, no è lui ad essere stupido, stiamo solo eseguendo degli ordini, è questo l’insondabile problema, reclamo una Norimberga anche per noi pervertiti, queste donne violentate succhiano poco cazzo, bofonchia con un ramingo filo di voce, ossantoddio ma non dirmi che adesso dovremo stare a sentirci pure lei, laddove lei consiste in una tetra rappresentante del mondo associativo umanitario rivendicazione ontologica di amore filiale e materno e gaia e bachofen e no scuoto la testa con trasporto nichilista, manca sempre un bel pompino in queste storie di violenza, ma tu ti immagini aspettare nel cupo freddo dei garage dopo una giornata di lavoro e solitudine e frustrazione avvertire quel licantropico e ferale istinto di cazzo eretto, ah la famosa sindrome ferale del cazzo eretto, si perché quello è, parliamone anche con linguaggio da neuropsichiatra ma in fondo un cazzo spinto dentro la recalcitrante fica e dolore e panettone post-natalizio da inzuppare nel cappuccino e le serate al circolo del partito democratico, dovrebbe parlare meglio, dovrebbero far parlare te dice lui, serio, ed io lo so, dovrei parlare, dovrei introdurre la lectio magistralis pubblicitaria con una recensione organica e dettagliata di CORPS DE CHASSE, ah quel film di Michel Ricaud, gran film, brutale, si, annuisco saggiamente, brutale e laido e cinico e granuloso come una carie nel cervello, non ci sono donne che non siano vittime in quel film, ci sono i travestiti un unicum detournante e scandisco detournante come fosse una germanica dichiarazione di guerra, insondabile stupro nihil-catartico, si, perfino Pietro Adamo si è dovuto arrendere, alzando la bandiera bianca davanti a quelle immagini, in CALVAIRE non ci sono donne, nemmeno là, già solo una, una che è una specie di ectoplasma, quei maschi poveracci danzano storditi e ritardati brutti come tutti i ritardati, come tutti i mongoloidi, lasciamo il politicamente corretto, e il politicamente corrotto, a casa, nel tepore di salotti masturbatori, i travestiti sputacchianti di CORPS sono meravigliosi, caricatura ciclopica di cazzi e gonne e la violenza diventa abbacinante senza redenzione, senza speranza di guarigione, qui invece ne sentiremo tante di chiacchiere new age, amore universale, totale, ci sanguineranno le orecchie a furia di percepire stronzate, il criminologo barbuto che è una sorta di jovanotti della violenza sessuale ci ha radunati qui nel nome del marketing aziendale, c’è un vecchio libro da riesumare, che culo, che clamorosa botta di culo, a proposito, fa lui, ma quel tuo libro, non so, dico sconsolato, scrivo di violenze ma nessuno violenta mai nel mio nome – già, dovresti cambiare agenzia.
Peter Kurten non è al momento disponibile, quindi continuiamo ad arredare il decoro scarno del posto.

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